giovedì, 28 Marzo 2024

Superare la detenzione: le pene alternative

In un precedente articolo si è parlato delle misure di reclusione nella società odierna. In questa sede si intende invece fornire una panoramica delle pene alternative alla detenzione vigenti in Italia; il carcere non è infatti l’unica forma di esecuzione di una pena e non dovrebbe essere neanche la principale. Questo il principio formulato dal dettato costituzionale, che all’articolo 27 dispone “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Sulla stessa linea il messaggio che negli ultimi anni il Consiglio d’Europa ha inviato agli stati membri; in particolare attraverso varie raccomandazioni volte a promuovere l’uso di misure restrittive alternative al carcere.

Pene alternative alla detenzione in Italia

In tale cornice, molti paesi europei hanno approvato norme e riforme con lo scopo di incrementare il ricorso alle alternative alla detenzione. Tali misure incidono sulla fase esecutiva della pena principale detentiva e sono le seguenti:

Affidamento in prova ai servizi sociali

Si applica in caso di condanne o pene residue non superiori ai 4 anni. Adottato sulla base di una valutazione della personalità del soggetto, condotta per almeno un mese in detenzione, questo istituto presuppone il monitoraggio della sua condotta da parte dei servizi sociali; questi lo assistono nel reinserimento e riferiscono periodicamente sul suo comportamento alla magistratura di sorveglianza. All’affidato che abbia dato prova di un concreto recupero sociale, deducibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità, può essere concesso uno sconto di pena.

Semilibertà

Consente di trascorrere parte della giornata fuori dell’istituto, nel quale si soggiorna solo in orari notturni. Gli internati e i condannati ammessi a questo regime vivono in apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili. Per la parte di giornata vissuta in esterna, il ristretto può avvalersi anche dell’affidamento in prova ai servizi sociali. È possibile richiedere la semilibertà soltanto dopo l’espiazione di almeno metà della pena, sulla base dei progressi compiuti nel corso del trattamento. Il condannato all’ergastolo può esservi ammesso dopo avere espiato almeno venti anni di pena. Il provvedimento può essere revocato in ogni momento se il soggetto si manifesta non più idoneo a beneficiarne.

Detenzione domiciliare

Possibilità di espiare la pena della reclusione presso la propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza. Si applica automaticamente alle pene non superiori ai quattro anni; oppure alla maggior parte dei condannati che abbiano compiuto i settanta anni di età la cui condizione di regola è ritenuta incompatibile con la detenzione ordinaria. Possono accedervi facilmente anche genitori con figli di età inferiore ai dieci anni, persone in condizioni di salute gravi o in età superiore ai sessanta anni e minori di ventuno.

Liberazione anticipata

Consiste in una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata, valutando anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare, di detenzione domiciliare o di affidamento in prova al servizio sociale. Concessa ai condannati che abbiano dato buoni risultati nel percorso di reinserimento, è utilizzata anche come misura deflattiva e risarcitoria rispetto al sovraffollamento cronico delle carceri.

Lavori di pubblica utilità

Sanzione penale che consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività a scopo riparativo; nella stragrande maggioranza dei casi è applicata in seguito a gravi violazioni del codice della strada ed è accessoria ad altri tipi di sanzione, in particolare l’istituto della messa alla prova.

Messa alla prova

È un’opportunità introdotta solo nel 2014, in qualche modo anticipa l’esecuzione della pena; consiste nella sospensione del procedimento giudiziario e nello svolgimento di un programma di trattamento sotto la supervisione dell’Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna. Prevede l’esecuzione di lavori di pubblica utilità uniti al risarcimento del danno e alla riparazione, nonché l’osservanza di una serie di obblighi relativi a dimora, libertà di movimento, divieto di frequentare certi luoghi.

Applicazione delle pene alternative

Le misure più utilizzate oggi tra le suddette risultano essere l’affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare e la liberazione anticipata.

Con l’introduzione della messa alla prova, l’Italia si inoltre è allineata alla tendenza diffusa in molti paesi europei di utilizzare strumenti di sospensione della fase processuale.

Tale dispositivo pone interrogativi in un’ottica di garantismo penale nel momento in cui si traduce in programmi a vocazione rieducativa/trattamentale, rivolti a individui non ancora condannati e a volte nemmeno processati, dunque presunti innocenti.

Spesso bistrattate dall’opinione pubblica e dalla stampa come meri sconti di pena che sottraggono giustizia alle vittime, le misure alternative possono avere un’importante beneficio deflattivo sul sovraffollamento carcerario per cui l’Italia è maglia nera nell’UE.

Ma oltre a ciò, hanno il grande vantaggio di introdurre un tratto di umanità e di fine reinsertivo nell’esecuzione delle pene, un aspetto difficilmente ottenuto con la reclusione carceraria.

Nonostante le frequenti analisi e le tentate correzioni delle numerose storture del carcere, il cuore del problema è ravvisabile nella sua struttura; la preclusione di una vita quotidiana fatta di libere scelte e decisioni, l’allontanamento dai propri affetti, dal proprio lavoro e dalle proprie passioni è una misura altamente afflittiva. Difficilmente può avere l’effetto di migliorare il temperamento e i comportamenti di una persona.

L’esperienza norvegese: come si presenta

Negli anni ’90 i paesi scandinavi hanno virato verso un modello di giustizia penale che ricalca lo stile di vita seguito fuori del carcere.

Il primo istituto di pena figlio di questa scuola di pensiero ha aperto ad Halden, in Norvegia, ed è un esperimento molto interessante; si tratta una grande residenza circondata da un muro di cinta, al cui interno le persone detenute girano abbastanza liberamente.

Vivono nella loro stanza singola o in coppia, con tv, radio o consolle da gioco; hanno accesso ai giornali e a materiale di scrittura, bagno e doccia ad uso personale. Non ci sono celle separate da sbarre ma stanze con semplici porte; se a prima vista può apparire un posto speciale, pensandoci bene si tratta semplicemente di un luogo che non priva gli ospiti del diritto alla loro dignità personale. La stessa di cui ognuno di noi può godere ogni giorno.

Fonte: Linkiesta.it

L’esperienza norvegese: funzionamento

Le guardie di questo carcere sono preparate nella gestione dei conflitti, e nel loro lavoro si mescolano continuamente con i detenuti; consumano pasti insieme, prendono il caffè e chiacchierano. L’azione quotidiana della polizia penitenziaria è orientata a prevenire conflitti e forme di violenza invece che a punirle; le liti e i dissapori vengono affrontati in seduta comune o privata con agenti appositamente addestrati, psicologi e mediatori per cercare di trovare una soluzione ad ogni possibile scintilla.

Non si pensi che sia una soluzione possibile solo di fronte a detenuti per reati lievi; questa categoria in Norvegia accede quasi sempre a misure alternative alla detenzione. La reclusione è quasi esclusiva dei crimini violenti, dunque questo tipo di vita è riservata perlopiù a rapinatori, stupratori ed assassini.

Una particolare ala del carcere di Halden è dedicata ai detenuti più violenti o con difficoltà di relazione, che restano parzialmente isolati dagli altri. Ma si tratta soprattutto di persone con problemi psichiatrici; in ogni caso è consentito loro di accedere saltuariamente alla vita in comune con tutti, poiché è ritenuta una condizione imprescindibile per il reinserimento sociale.

Prima del termine della pena, l’amministrazione penitenziaria si attiva sistematicamente per procurare ai detenuti in uscita un alloggio, una rete sociale e un’opportunità lavorativa; si tratta di un cuscinetto finalizzato ad abbattere la recidiva.

La giustizia riparativa

Esiste un modello di giustizia alternativa a quella penale, che è la giustizia riparativa. E’ difficile definirla perfettamente, in quanto non è normata da un quadro legislativo definito; consiste piuttosto in un insieme di buone pratiche orientate a proporre una mediazione tra vittime e autori di reato. Non allo scopo di cancellarlo, bensì di costruire una forma di comunicazione tra le due parti la quale conduca alla comprensione ed eventualmente al superamento del conflitto.

Si tratta di un modello che, per sua struttura, non può prescindere dalla volontà delle parti in gioco; dunque in nessun modo potrà coprire la totalità dei procedimenti penali.

Inoltre, se a sé stante, corre il rischio di ricondurre la maggior parte delle controversie sul piano privatistico, promuovendo l’idea che il danno non nuoccia all’intera società ma soltanto alle singole vittime.

E’ tuttavia un percorso che può portare un tocco di umanità al diritto penale, totalmente mancante nella fredda burocrazia che lo accompagna; per questo può essere interessate approfondire e diffondere la giustizia riparativa come pratica complementare alla giustizia ordinaria.

Per farlo è necessario formare la magistratura su questo tema, e stanziare risorse per creare operatori addetti a questo campo.

La recidiva nelle pene alternative

Il tasso di recidiva indica la frequenza con cui i condannati che hanno scontato la pena tornano a delinquere.

Alcuni studi indicano come i sistemi in cui è diffuso un ampio uso della reclusione, soprattutto se in forma severa, scontino un tasso di recidiva ben più alto rispetto ai paesi scandinavi, che della carcerazione fanno un uso minimo e molto più umano. Gli Stati Uniti sono l’esempio più lampante della prima categoria, tra i paesi con dati accessibili e trasparenti.

Tuttavia, ad oggi non esistono sufficienti statistiche per sostenere questa tesi con certezza.

I diversi sistemi penali e penitenziari, la diversa composizione della popolazione, il differente sistema culturale e la varietà di criteri con cui si può calcolare una statistica di reincidenza rendono estremamente difficile paragonare situazioni di partenza molto diverse tra loro.

La verità è che ai cultori del diritto liberale piace l’idea che un diritto penale più umano renda anche la società più sicura. Alcune fonti mostrano che coniugare sicurezza e umanità è possibile, tuttavia non sarebbe intellettualmente onesto darlo per certo.

La società oltre il carcere

Quello che ad oggi possiamo sostenere è che il superamento del sistema carcere dovrebbe prescindere da questa condizione; in un continente come l’Europa, culla della tutela dei diritti umani, la decostruzione -o eventualmente l’abolizione- di un’istituzione totalizzante quale è il carcere dovrebbe costituire un obiettivo da perseguire per coerenza con la nostra tradizione giuridica.

In un primo momento questo percorso potrebbe portare ad una maggiore insicurezza sociale; è necessario essere preparati a questa evenienza avendo appreso da precedenti esperienze, ad esempio l’abolizione dei manicomi.

Non possiamo però dimenticare che, così come avviene per alcuni disturbi mentali, anche il compimento dei reati è una conseguenza del contesto e della struttura sociale in cui vivono gli individui.

Il carcere è un luogo di allontanamento e di rimozione degli effetti di squilibri sociali, ingiustizie e disuguaglianze; ricondurre questi effetti sotto gli occhi della società e delle classi dominanti renderebbe impossibile negarla.

Allora forse ne conseguirebbe una piena presa di responsabilità ed una serie di interventi correttivi degli squilibri su cui si crea il benessere di pochi.

Alex Battisti
Alex Battistihttps://www.sistemacritico.it/
Alex Battisti, classe 1992 ma non mi piace parlare di età. Laureato in lingue, pesarese ma con un pezzo di cuore a Bologna. Scrivo di società, attualità e a volte faccio politica per non sconfinare nella polemica. Mi piacciono i viaggi, le escursioni, le analisi critiche e le battaglie nonviolente.

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