mercoledì, 24 Aprile 2024

Il filo del Tempo (perso)

Il tempo ai giorni nostri

La parola “tempo” è nella bocca di tutti in ogni intermezzo di giornata, scandisce i ritmi del lavoro e matura una coscienza del contingente. Ogni atto è pregno di una consapevolezza del tempo che accompagna e dà forma all’agire umano. Si lavora in  funzione di un tempo prestabilito, programmato e finito in cui spendere le proprie energie per l’esecuzione di un’azione codificata (condita di picchi di creatività in relazioni alle mansioni svolte). Il tempo è il baricentro dell’esperienza umana.

 

Il significato del tempo

Quale connotato ha per noi questa parola? Cosa intendiamo per “tempo” e come lo misuriamo? L’orologio è senz’altro l’oggetto più votato alla rappresentazione immaginaria quantificata dello scorrere del tempo. Tra un evento ed un altro, la distanza temporale è misurata dal percorso eseguito dalla lancetta all’istante T0 in cui l’evento si è manifestato, fino all’istante T1 in cui l’evento è cessato. Il tempo quindi è una dimensione, misurato dalla distanza numerica tra due accadimenti. Il nostro senso comune ci porta a non mettere in discussione questa verità assodata, le nostre azioni sono mosse da disponibilità o mancanza di tempo. Si dedicherà del tempo a una determinata cosa in rapporto alla disponibilità di tempo concessa dalle nostre necessità.

 

La cultura dell’efficienza

Pensate per un attimo al contesto, siate contingenti per un istante. Quanto peso ha la struttura della società Occidentale capitalistico-liberale  sulla nostra odierna concezione di tempo? Espressione gettonatissima ma significativa dei nostri giorni è “il tempo è denaro”. Il tempo è la dimensione entro cui, nel modello socio-economico, direzioniamo il fine delle nostre azioni e costruiamo le istituzioni, gli apparati, le scuole e i principi alla base della società. In un contesto capitalistico il tempo diventerà “soglia di ottimizzazione”, entro cui migliorare ossessivamente processi e utilità in funzione di una creazione di valore “nel minor tempo possibile”, tale è l’efficienza. L’imprenditore dovrà ridurre al massimo i tempi dei processi inerenti alla propria impresa, dalla produzione fino alla vendita, per ricavare il maggior profitto possibile. In questo senso viene poi indirizzata l’attività dei lavoratori subordinati, inseriti in modo parcellizzato in un’ottica di risparmio del tempo e di aumento dell’efficienza. Tali lavoratori imposteranno il proprio lavoro e la propria esistenza in questa prospettiva, nell’impiego ottimale di tempo.

 

Libertà programmata

Il lavoratore tornerà a casa e sarà costretto a ritagliarsi spazi di tempo post e pre lavorativi. Tale tempo limitato, lungi dall’essere relax disinteressato, è in realtà un “prolungamento del lavoro” come direbbe Adorno, poichè esso è programmato e limato dall’attività lavorativa che assorbe gran parte del suo tempo. Il lavoratore  sarà pertanto immerso in un sottile meccanismo di divisione del tempo, di cui egli è mera espressione e di cui non comprende il funzionamento.  Tale è uno dei drammi della società occidentale. L’individuo, atomizzato e scollegato dalla comunità, è preda di un gioco di parcellizzazione dei tempi e di azioni scollegate e ripetitive di cui non capisce il significato, eseguite in modo meccanico. Il poco tempo che gli rimane non è altro che un prolungato sospiro delle fatiche quotidiane. La mente si irrigidisce per la mancanza di attività creative e libere che accrescano la coscienza critica dell’individuo. Il tempo di leggere, correre, fermarsi qualche minuto a scrutare l’orizzonte persi in riflessioni, è scarso.

 

Viviamo per lavorare

Non si può non considerare quindi il tempo come espressione massima dello logica della tecnica, assunta dalla cultura positivistica, che ne fa una grandezza scientifica volta unicamente a scandire le azioni umane per un fine produttivo. Questa è la condizione esistenziale dell’Uomo che organizza la propria vita in funzione del lavoro e “vive per lavorare”. L’Uomo “a una dimensione” teorizzato da Marcuse, che identifica la Ragione con la Realtà, che non scorge più il distacco fra ciò che è e ciò che dovrebbe essere. Al di fuori del proprio sistema, non esistono altri sistemi in cui vivere, nella sua concezione. L’individuo è pertanto alienato dalla società, non ha capacità di pensiero critico nei suoi confronti, ne è un assiduo sostenitore, anche nella polemica. Il fine della vita, anzichè essere quello di godere con gli altri del nostro stare al  mondo, è  divenuto così il lavoro e la fatica, che gli uomini hanno finito per accettare come qualcosa di naturale, o come la giusta punizione per qualche colpa commessa. (Percorsi di filosofia, storia e temi, edito da Pearson Italia).

 

Il tempo è assoluto?

In tutta questa riflessione,  quanto pesa quindi il concetto di tempo attuale? Pensiamo per un attimo a come cambierebbe la nostra percezione del sistema se mutasse in noi la sensibilità verso il tempo. Ce lo ha insegnato per primo Albert Einstein, con il suo studio sulla relatività e la dissoluzione dell’assolutezza del tempo. Einstein capì che il tempo non è una dimensione assoluta, ma varia in relazione al sistema di riferimento. Ognuno misura temporalmente un evento secondo il proprio sistema riferimento, e il tempo misurato cambia da soggetto a soggetto. Questo concetto è stato poi esteso e approfondito dalle avanguardie artistiche e dalla filosofia.

 

La lezione di Bergson

La critica all’assolutezza del tempo si esprime con chiarezza nel pensiero di Henri Bergson, che divide il tempo in “tempo della scienza” e “tempo della vita”. Il primo è un tempo prettamente quantitativo, reversibile e fatto di momenti discontinui distinti l’uno dall’altro. Il tempo della vita è qualitativo, ogni momento si differenzia dal’altro per il modo di essere vissuto. 5 minuti per un esercizio fisico di grande sforzo sembreranno un’eternità, mentre un’ora passata in compagnia di una persona che si ama sembrerà scorrere velocissima. Il tempo della vita è irripetibile, in quanto ogni istante non può essere rivissuto con la stessa intensità, ma diventerà parte della memoria. Esso non è fatto di momenti sconnessi fra loro, apparentemente sequenziati, ma di momenti che si compenetrano indissolubilmente e si sommano tra loro. Il tempo della scienza è ciò a cui siamo abituati dal senso comune nelle nostre tipiche attività lavorative, mentre il tempo della vita è quel tempo interiore, soggettivo, che ogni persona percepisce in maniera differente in relazione al proprio vissuto. Il tempo della scienza ha fagocitato e inglobato il tempo della vita, che sopravvive solo in momenti sporadici. Passa dalla concezione di tempo la condizione generale dell’essere umano.

 

 

 

« Quando un uomo siede due ore in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa rovente per un minuto e gli sembrerà che siano passate due ore. Questa è la relatività »

Albert Einstein

 

La persistenza della memoria

La reazione artistica a questo appiattimento del tempo della vita in favore di un culto del tempo della scienza arriva dai surrealisti. Essi spostano l’asse dell’arte dalla rappresentazione della realtà all’indagine dell’inconscio e del sogno, influenzati dalle opere di Sigmund Freud. Celeberrima è l’opera di uno dei più grandi artisti surrealisti, Salvador Dalì, ovvero “La persistenza della memoria”. Con questo capolavoro artistico-filosofico, Dalì riflette sulla relatività del tempo. Abituati come siamo ad una concezione spazializzata e assoluta del tempo, ci dimentichiamo di come questa in realtà sia solo un’illusione scientifica. Ognuno ha la propria dimensione di tempo, esso scorrerà a ritmi diversi a seconda dell’anima del soggetto di riferimento. Gli orologi sciolti dell’opera di Dalì, posti in contrasto ad un paesaggio scarno e spoglio, rappresentano la plasticità del tempo, in contrasto con il mito dell’assolutezza.

 

La liberazione è nel tempo

L’invito di Seneca a “vivere intensamente il presente” e a sfruttare ogni attimo della nostra vita si riallaccia alla concezione odierna di tempo e risulta tremendamente attuale. Il tempo ci è stato sottratto, o mascherato da finti ritagli programmatici. Il mondo della tecnica che ha reso ogni attività umana votata al fine produttivo. La potenza creatrice e l’immaginazione, strettamente legati al tempo interiore, lasciano il passo all’utilità e alla concretezza processuale. Ognuno si ritrova incatenato in uno schema di sequenze della vita codificate e solo apparentemente libere di essere determinate. Se, tornando a casa la sera dopo una dura giornata di lavoro, vi siate mai chiesti se tutto questo sia normale, se è normale accantonare i propri sogni per una vita di stenti e sacrifici, non siete affatto strani. La vita è breve ed unica, ed il tempo è preziosamente limitato, incastonato da momenti che sfuggono alla meccanica del tempo scientifico, che danzano come acrobati del sogno e vivono con noi, e non sopra di noi. La via della liberazione dell’essere umano passa dalla riconquista del tempo.

 

 

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