giovedì, 28 Marzo 2024

What If ? I “Big Three” di Oklahoma

La premessa

Egoismi. E’ tutta una questione di Egoismi. La storia è piena di Egoismi. Gli Egoismi aleggiavano in Europa già dal primo dopoguerra tra intere Nazioni, figuriamoci se non siano presenti in alcuni Sport, e come una matrioska, all’interno delle dinamiche societarie, poi di squadra, fino ad arrivare a egoismi e “collisioni” all’interno di piccoli gruppi di giocatori.

Sacrificare se stessi per il bene del gruppo non è una cosa semplice. Rinunciare a dare il massimo personale per raggiungere un obbiettivo comune non è da tutti. Chiedete a Shaquille O’Neal, che dovette stare agli “ordini” di un giovanissimo Kobe Bryant, oppure a Scottie Pippen, relegato ad essere gregario di Michael Jordan.

La questione OKC

La storia degli Oklahoma City Thunder è molto simile a quelle sopracitate, con un’unica ma sostanziale differenza: i Lakers del triennio ’99-’01 e soprattutto i Bulls del “Repeat del Three Peat” sono riusciti a vincere, e a vincere tanto nell’NBA, finendo sì male, ma dopo anni gloriosi.

La franchigia di Oklahoma è molto giovane in NBA. Figlia dei Seattle SuperSonics, nasce nel 2009, e subito nel giro di un paio di anni compete a livelli altissimi. Il merito è di tre ragazzini, scelti nel biennio precedente. Kevin Durant (2007), Russell Westbrook (2008) e James Harden (2009).

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Con il binomio Westbrook-Durant in quintetto e la proficua uscita di Harden dalla panchina (6th Man Of The Year nel 2011, ndr) Oklahoma riesce a raggiungere le finali contro il colosso Miami, fresca dell’arrivo di LeBron James. Il finale per i ragazzi in divisa Arancioblù è tragico: Miami stende OKC 4-1.

La squadra è molto forte, domina senza problemi ad Ovest, e basterebbe solo più impegno, concentrazione e sacrificio nelle Finali per vincere, e aprire un ciclo che durerebbe almeno un lustro, data la giovane età dei protagonisti.

L’addio di Harden

In estate però, James Harden, pedina fondamentale del sistema, non rinnova il contratto e passa agli Houston Rockets. Vuole più spazio, vuole essere protagonista, convinto che ad OKC non riuscirebbe mai ad avere un ruolo importante. Nonostante ciò, Oklahoma reagisce, grazie ad un anno pazzesco di Durant (MVP 2014) ma gli infortuni sia dello stesso Kevin, ma soprattutto di Westbrook, impediscono ai Thunder di raggiungere le finali. Questo accade anche e soprattutto a causa dell’improvvisa quanto affascinante scalata dei Golden State Warriors, che nel 2016 elimina OKC rimontando da 1-3 a 4-3.

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Il tradimento di Durant

Dopo 8 anni di “sconfitte” dovute a fattori del tutto particolari, Oklahoma avrebbe tutte le carte, se le cose andassero per il verso giusto, di giocare per vincere, ma in estate 2016 il clamoroso passaggio di Kevin Durant ai Warriors di fatto condanna tutte le speranze di vittoria dei tifosi, che vedono questo gesto come un tradimento (come biasimarli, ndr).

L’ultimo baluardo è Russell Westbrook, che crede ancora nel progetto OKC e nella “rifondazione” del team. Dall’addio di Durant (non preso benissimo da Russell, ndr) ha fornito prestazioni da Record per quanto riguarda punti, assist e rimbalzi, segnando un numero pazzesco di “Triple Doppie” (Punti, Assist e Rimbalzi in doppia cifra nel corso di una partita, ndr) e caricandosi la squadra sulle spalle, per creare qualcosa di importante.

La situazione attuale

Dopo 7 anni la Legacy dei “Big Three” di Oklahoma è terminata. In questo caso è facile capirne i motivi: Il protagonismo di Harden e la volontà di vincere tutto e subito di Durant (cosa tutta da verificare, ndr) hanno messo fine a uno dei gruppi potenzialmente più distruttivi della storia della Lega, sportivamente parlando. E’ molto più difficile capire chi ha avuto/avrà ragione.

Nel Dicembre 2016 la situazione è questa:

Harden è leader della sua squadra, che è terza in classifica, con 27.6 punti a partita, ma Houston, dal suo arrivo, ha raggiunto una sola volta le finali di Conference, perdendo contro i soliti Warriors.

Durant e i “suoi” Warriors sono primi in classifica, in un contesto dove 4/5 del quintetto vuole primeggiare (peggio dunque di OKC), dove il talento individuale supera di gran lunga l’organizzazione (Nonostante le ottime capacità di Coach Kerr)

Westbrook sta trascinando i Thunder pressoché da solo, infrangendo record che perduravano da più di 40 anni. Ha una tripla doppia di media a partita. E’ primo in punti a partita (31.7) ma Oklahoma è quinta in classifica.

Cosa sarebbe successo se fossero ancora insieme? A voi i commenti e il giudizio finale, di queste tre Stelle che forse, con più lungimiranza, avrebbero potuto dominare l’NBA.

 

Enrico Boiani

Sistema Critico
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