venerdì, 26 Aprile 2024

Esiti e considerazioni sul Russiagate

 L’indagine più importante dell’ultimo decennio, guidata e gestita dal Procuratore speciale  Robert  Mueller , sulle interferenze della Russia nelle elezioni presidenziali americane del 2016, ha avuto infine un esito, da interpretare.

Il documento finale  steso  è estremamente lungo e dettagliato; in breve, ciò che vi è contenuto , conferma che la Russia abbia effettivamente provato ad interferire con le passate elezioni  presidenziali  ,  ma non si è  stati in grado di provare le accuse  di attiva  collaborazione attiva tra il comitato elettorale di Donald Trump e i servizi segreti russi, se non qualche sporadico tentativo di stabilire una continuiguità.

In mancanza di prove concrete a supporto di una o dell’altra posizione, il procuratore distrettuale si è visto obbligato a  concludere  l’investigazione  e consegnare la propria documentazione al segretario degli interni,  affermando inoltre  “Il rapporto finale non conclude che il presidente abbia commesso un crimine, ma neanche lo esonera”.

Un altro modo per affermare che le accuse di collaborazione erano false e che Trump fu vittima di una vera e propria “caccia alle streghe”?

A conti fatti, l’indagine è stata  inconcludente, nonostante l’inchiesta in corso nei confronti di Micheal Flynn ( primo consigliere per la sicurezza dell’attuale amministrazione) che mentì alla FBI riguardo ai suoi incontri con l’ambasciatore russo in America e i contatti  avvenuti tra una  giornalista vicina al Cremlino col figlio del Tycoon ,Donald Trump Jr, su possibili documenti che avrebbero potuto facilitare l’elezione del padre.Risalenti all’epoca in cui Hillary Clinton fu segretario di stato.

L’unica sentenza certificata  finora  riguarda l’ex manager della campagna elettorale di Trump, Paul Manafort, condannato a scontare  quattro anni in una prigione federale per truffa bancaria e altri tre e mezzo in merito ai suoi contatti avuti con la Russia, che si basavano sul fornire eventuali scheletri nell’armadio per poter screditare la passata amministrazione.

Nonostante il presidente  Trump si possa ritenere soddisfatto, l’aver potuto evitar  una diretta incriminazione,  questo risulta essere uno dei possibili peggiori esiti per lui a livello politico.

Sebbene si possa vedere come un’assoluzione di fatto, la realtà è che l’esito incerto di Mueller non ha portato a confermare una completa colpevolezza o innocenza , ma solo sospetti convalidati e altri meno.

Trump non si è ripulito completamente la propria immagine e  molti nuovi frontmen del  Partito Democratico lo hanno  visto come una conferma che l’inchiesta sia stata deragliata volutamente  sui binari sbagliati.

L’indagine ha stabilito l’incapacità di stabilire un collegamento tra la figura del comandante in capo e i collegamenti con la Russia, ma non ne ha escluso priori  l’esistenza di un contatto continuo  , la commissione di inchiesta fu in grado di provare alcuni “incidenti “avvenuti durante la campagna elettorale nel corso delle indagini, che hanno portato alla incriminazione delle persone sopra elencate. Ma non sono riuscite a collegare se queste persone agissero per volontà diretta dell’attuale presidente e quanto profonda e “efficace” fosse stata questa collaborazione nel manipolare gli esiti  del Novembre  2016.

Ma questo poco cambia, Trump ha potuto festeggiare l’archiviazione come una assoluzione de facto, anche se i suoi sostenitori difficilmente avrebbero cambiato opinione anche in caso di una colpevolezza conclamata.

Rimane comunque  poco credibile il disegno propugnato dalla  nuova “sinistra” americana, che vede la presidenza attuale eletta con i favori dei troll russi per poi essere facilmente manipolata dagli altri gradi dell’esecutivo russo.

L’amministrazione  Trump è finora la ideologicamente più NEOCON in assoluto. Volta a far ridare all’America ( non “latina”) il primato morale mondiale,risalente all’epoca di epoca Bush Junior .

Questa visione di se   non ha portato  una riapertura dei rapporti con la Russia, come molti speravano, che sono ulteriormente peggiorati dopo l’elezione del Tycoon, mentre i rapporti con i paesi della Unione Europea sono rimasti intatti, nonostante qualche velato attacco  o mossa “simbolica” durata poco tempo. Trump, nonostante le sue promesse di una rinascita “populista” degli Stati Uniti, ha continuato in maniera pragmatica la politica estera praticata dai suoi predecessori nei confronti dei vecchi alleati e nemici.

La sua principale criticità è  da vedersi nella politica interna, qualcuno di voi lettori potrà disprezzare o amare le politiche di Trump, o perlomeno le sue intenzioni su come gestire il paese di cui è comandante in capo.

Ma su una cosa possiamo essere tutti d’accordo, le sue azioni sono estremamente polarizzanti, per citare come un cronista definì Bush Junior , “ Or you love him or you hate him”.

Le sue azioni sono ben viste dai suoi elettori in quanto fatte dal personaggio Trump , non se porteranno effettivamente beneficio nella loro vita privata. Mentre i suoi detrattori spesso lo criticano più in base al comportamento stesso che dall’esito delle sue azioni, come se rappresentasse una visione d’America da estirpare.

Dal mio punto di vista era raggiungere questa polarità il fine ultimo del presidente Russo, era patetico pensare ,dal mio punto di vista,  che avesse cercato davvero di mettere alla casa bianca una  marionetta. Il suo fine, come se avesse voluto omaggiare l’imperatore di Guerre Stellari Sheev Palpatine, era quello di estendere la sua rete di influenza tramite la propaganda e la manipolazione delle notizie che distorcessero la  percezione della realtà da parte dell’opinione pubblica, partendo da reali problemi o tematiche in atto.

Indipendentemente dalla effettiva influenza (di cui è stata provata l’esistenza) russa nelle elezioni americane e di mezzo Occidente.

L’elezione di Trump, ancora di più di quella passata di Bush jr e di Obama, ha diviso ulteriormente l’elettorato americano in maniera ancora più abissale che durante l’epoca della desegregazione razziale. Il centrismo pragmatico tipico dell’epoca di Obama, con politiche che potevano essere sostenute da ambo gli schieramenti, è stato sostituito da una radicalizzazione dei due maggiori partiti politici americani. Che non basano più le proprie proposte in base ala effettiva utilità, a una determinata “visione del mondo” o al vaglio della realtà, ma su una sorta di “primato morale” sull’avversario contrapposto a cui non è riconosciuto nulla. Neanche la dignità del dialogo, base di ogni democrazia soprattutto quelle parlamentari.

Con una presidenza estremamente odiata da metà degli americani, con entrambe le parti convinte di essere i rappresentanti legittimi della “Vera America” … Bisogna fare tanto di cappello e fare i complimenti a Vlad, se non è stato lui l’artefice di ciò, di certo  è stato in grado di ricavarne il maggior vantaggio politico possibile.

Un rivale diviso al proprio interno è un avversario indebolito che lascia sempre un minor spazio di manovra ai nemici dell’orso.

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