venerdì, 26 Aprile 2024

La grande alleanza per la Brexit: una “Balena Bianca” british

Nel mio precedente articolo avevo delineato, in parte, di come all’interno della mentalità dell’entourage della Gran Bretagna fosse rimasto un sentimento euroscettico forte. Determinato ( e non solo!) dal passato ruolo di superpotenza globale che dovette cedere agli Stati Uniti nel secondo dopoguerra. Ritagliandosi un ruolo più piccolo seppur estremamente influente a livello globale.

Il primo approccio all’Europa

In seguito ai fallimenti dei primi tentativi di entrare nella Comunità Europea, Il Regno Unito provò a ritagliarsi un proprio spazio nel mondo. Agli inizi degli anni settanta, a causa della crisi economica, della percezione dell’immigrazione da parte dei paesi del Commonwealth e del bisogno di avere partner più affidabili rispetto alle ex colonie, il Regno di sua maestà si unì definitivamente alle organizzazioni europee principali. Condividendo, per quasi mezzo secolo, le proprie sorti e fortune con il continente.

Fino alla recente grande crisi, iniziata nel 2008, non c’era mai stato un elevato desiderio di uscire dalla Unione. Rimaneva tuttavia un forte sentimento euroscettico da parte di entrambi i principali partiti del paese.

Il Referendum inaspettato

In seguito alla vittoria dello UKIP alle elezioni europee del 2014, il partito conservatore decise maldestramente di indire un referendum ( sulla falsariga di quello Scozzese avvenuto lo stesso anno) per poter recuperare i voti proveniente dall’ala più nazionalista del proprio raggruppamento, pur rimanendo all’interno della Europa.

Le cose non andarono come previste e il resto è storia.

I vecchi sostenitori della “Global Britain” ripresero forza e spinsero via i vecchi “europeisti “ dal partito durante il periodo di transizione, formando una inconsueta alleanza tra Internazionalisti e sovranisti inglesi per poter portare a termine il processo di uscita. Il motto che campeggiava era “ Let’s Get Brexit Done!”

Ma quale è la strategia di Boris Johnson? La Global Britain è davvero possibile oppure è un sogno effimero?

Il programma di Boris

Il programma politico di Bory  è qualcosa di particolare. Sulla carta, infatti, rappresenta i sogni di quella élite globalista che i sostenitori più accaniti del Brexit affermano di voler combattere. I punti chiave sono:

A) Una deregolamentazione dell’economia, togliendo l’obbligo di rispettare gli standard concordati con il Parlamento Europeo.

B)Un aumento dei fondi pubblici da destinare agli ospedali e alle scuole del paese, derivati dal cosiddetto “Brexit Dividendi” ( la cui effettiva esistenza risulta contraddetta dalla stessa Banca di Inghilterra).

C)Una serie di accordi bilaterali con i paesi alleati del Regno Unito, per garantire un ruolo di predominanza globale per il Regno nel Post-Brexit.

D)Una politica verde di abbandono dell’uso dei combustibili fossili entro l’anno 2035 (cinque anni prima rispetto alla Unione di cui faceva parte)

Ma anche..

E)La fine della libera circolazione, della immigrazione europea (e una pur vaga promessa di limitare quella extra comunitaria) che era stato considerato il motivo principale del sentimento euroscettico in Gran Bretagna.

F) Un più forte controllo statale sulla Economia, garantendo un aumento dei salari e la priorità ai sudditi Brittanici per i posti di lavoro, oltre che una diminuzione generale del carovita.

G) Rispondere a un maggior bisogno di sicurezza contro la criminalità e il degrado percepito, sopratutto nelle periferie dell’Inghilterra.

In poche parole, il programma Tory per le elezioni del 2019 ha rappresentato una sintesi delle due anime di Boris Johnson; globalista ma anche nazionalista. Divergenti… E contraddittorie?

Non sta a me giudicare, ma alla Storia. Bisognerà vedere come si muoverà il primo ministro inglese nelle negoziazioni con i paesi dell’Unione e quali saranno le promesse che manterrà, e quali no.

Sta di fatto che il programma rappresenta invece una frattura  all’interno del partito conservatore, presente da diverse decadi , che il tentativo di Cameron ha reso visibili. Un entourage politico dominato da politici vogliosi di adottare una politica di internazionalismo stile repubblicano d’America, e una base elettorale che da sinistra si è spostata a destra.

Il fattore BoJo

Pur mantenendo pressoché identiche le stesse richieste alla politica; aggiungendone nuove per quanto riguarda il bisogno sicurezza collettiva e la gestione dei flussi immigratori. Desideri che però entrano in contrasto con gli ideali dichiarati del resto del partito.

Uno dei motivi della parziale debacle elettorale della Theresa May nel 2017 fu dovuta al fatto che non era riuscita a ricompattare le fila del partito conservatore, mentre due anni dopo Boris ci riuscì riunendo gli internazionalisti e i sovranisti inglesi in una grande coalizione per il leave. Grazie al suo carisma personale, per il momento, utilizzando la più vecchia strategia elettorale di sempre: prometti ciò che vuole il tuo elettorato e concedi ai tuoi amici quello che desiderano

Indipendentemente dall’esito delle negoziazioni con l’Unione Europea, o se il Regno Unito possa adattarsi o no alla nuova situazione, la fortuna politica di Boris dipenderà su quanto potrà far mantenere unita questa “grande coalizione” che ha determinato il suo successo.

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