sabato, 20 Aprile 2024

2020: annus horribilis del Museo. Crisi ed evoluzione di una pandemia culturale

Il 2020 doveva essere uno degli anni più importanti per il mondo della cultura. L’anno che sta per terminare portava con sé non solo ricorrenze importanti ma  anche mostre di enorme levatura. Nelle aspettative doveva essere una sorta di anno indimenticabile e, sotto questo aspetto, non si potrà certo dire che abbia deluso le aspettative. L’anno corrente ha infatti colto alla sprovvista il mondo delle arti, divenendo in breve un annus horribilis, un periodo di enorme crisi per l’intera industria culturale, un anno che, nel male, sarà ricordato da tutti. Nonostante le grandi problematiche che ci trascineremo per buona parte del 2021 bisogna anche ammettere che la corrente crisi ha permesso al mondo della cultura, specialmente alle realtà museali, di innovarsi e di raggiungere un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo. Il periodo che stiamo vivendo si prospetta come un enorme banco di prova per il “museo del futuro”.

Le mostre nei musei non inaugurate nel 2020

Il 2020 portava con sé numerose ricorrenze e anniversari. Non solo i cinquecento anni della morte del Divin Pittore, Raffaello, ma anche i centenari della nascita di Isaac Asimov, Alberto Sordi e Federico Fellini e  gli anniversari della morte di Amedeo Modigliani di Beethoven. L’ “Anno Sanzio”, come è stato spesso definito, si prospettava ricco di eventi legati a queste ricorrenze ma la pandemia, che ormai da troppo tempo attanaglia il mondo intero, ha completamente manomesso il calendario che si era prospettato.

Le varie mostre che sono state via via inaugurate, come Raffaello alle Scuderie del Quirinale o il Polittico Griffoni a Bologna, sono andate incontro a imprevisti e a limitazioni che spesso ne hanno compromesso la fruibilità e la stessa esperienza culturale. Fuori dall’Italia la grande mostra di Gand dedicata al grande Van Eyck, la più grande mai dedicata al pittore fiammingo, non è stata praticamente mai aperta.

Il Museo: luogo inaccessibile

La crisi ha investito in pieno il “sistema museo”. Le varie realtà museali, piccole e grandi che siano, hanno dovuto chiudere al pubblico per contribuire ad arrestare la curva epidemiologica. Lo stop forzato che stanno ora vivendo, e sul quale vige ancora grande incertezza, ha messo in ginocchio i piccoli musei, specialmente quelli “di provincia” e le varie istituzioni non statali.

Da tempo gli specialisti e i lavoratori del mondo della cultura chiedono a gran voce la riapertura di tali spazi, giudicando il museo come bene e necessità primaria, fonte di lavoro per migliaia di persone. Alcune di queste realtà non hanno nemmeno mai riaperto mentre altre hanno chiuso varie sezioni delle loro collezioni. La maggior parte ha comunque subito limitazioni di orario e di personale. Dobbiamo però pensare a tali istituzioni come qualcosa di estremamente dinamico i cui ingranaggi, celati dalle porte serrate, hanno continuato costantemente a funzionare.  

Dal Catalogo all’ArtGram

La situazione generale italiana, prima del lockdown, vedeva i musei generalmente in ritardo rispetto al progresso digitale e all’uso di pagine ufficiali nei vari social. Ad essersi evoluti in questo campo sono stati soprattutto i musei statali. Quest’ultimi durante la primavera hanno quasi triplicato, secondo un’indagine del Politecnico di Milano, la propria presenza in rete.  I musei sono così sbarcati, o hanno rafforzato la propria presenza, sui sociali che, sebbene con soluzioni non sempre virtuose come l’account TikTok degli Uffizi, hanno visto un aumento esponenziale delle interazioni con le pagine stesse.

Viene da sé che il ritorno d’immagine, quando la pandemia si sarà attenuata, si tradurrà in un maggiore numero di ingressi al museo, in un aumento delle vendite del merchandising e dei servizi collegati all’istituzione stessa. Il 76% dei musei italiani si è dotato nel tempo di almeno una pagina sui vari social network e la percentuale aumenterà sempre più.

Musei sempre più digitali

Bisogna però dire che poco più della metà dei musei in Italia si avvale di figure  adeguatamente formate per lavorare “In digitale”. Tale dato andrà dunque migliorato se si vorrà stare al passo con le più innovative istituzioni estere. Molto inoltre si sta facendo per digitalizzare il patrimonio delle varie realtà. Il MIBACT ha infatti proposto di investire la cifra di 2,5 miliardi di euro del Recovery Found in quello che è stato chiamato “piano per la digitalizzazione del patrimonio culturale”, puntando molto sulla digitalizzazione e catalogazione di archivi e biblioteche. In tutti questi mesi sono state poi  portati avanti bandi e collaborazioni, sfociati puntualmente in giornate di studi, workshop e conferenze.

È necessario però segnalare un dato critico, molte novità che si stanno attuando, come i walk through e le collezioni online, sono strumenti a cui l’Italia arriva con un ritardo quasi decennale rispetto ai principali musei europei.

“Con la Cultura non si mangia”

Dall’altro lato se è vero che si sta lavorando intensamente anche all’allestimento di mostre, una tra tutte quella incentrata su Dante che si terrà nel 2021 al Museo del Bargello per la ricorrenza del VII centenario della morte, è anche vero che numerosi sono i problemi. Il primo tra tutti è quello relativo ai lavoratori del settore. A differenza dei musei statali i musei privati lavorano molto spesso con precari che, a ragione del loro contratto, stanno subendo la sospensione o la rescissione dello stesso. Ciò naturalmente non avviene per i dipendenti dei musei statali e per i lavoratori a tempo indeterminato.

Se i primi continuano a percepire lo stipendio i secondi  si avvalgono della cassa integrazione statale. Altra categoria di lavorati a rischio sono coloro che esercitano il proprio mestiere grazie alle concessioni ai servizi esterni ai musei, come bookshop e caffè, che lavorano con i grandi flussi turistici

Fondi pochi, autorevolezza zero

I luoghi della cultura saranno chiusi almeno fino al 15 gennaio. Il provvedimento che impedisce l’accesso ai visitatori, ormai in vigore da diverso tempo, è stato più e più volte criticato. I musei, come ha detto Salvatore Settis, dovrebbero essere luoghi dell’anima in cui l’essere umano trae giovamento e benessere. Luoghi indispensabili che andrebbero riaperti. La loro chiusura è stata spesso giustificata con la scusa dell’essere causa dello spostamento di ingenti quantità di persone. Chi ha però frequentato i musei nell’ultimo periodo sa bene che il turismo, anche quello culturale, era pressoché inesistente.

Non era infatti raro trovarsi soli davanti alle opere di Leonardo agli Uffizi o in compagnia di pochissimi eletti all’interno della Cappella Sistina. Tale scusa evidentemente non regge se si pensa poi agli enormi assembramenti che si è soliti vedere nei centri commerciali. Naturalmente le gallerie d’arte sono rimaste aperte (fortunatamente?) in quanto equiparate a dei veri e propri negozi. Evidentemente il pensiero di fondo è stato uno: con la cultura, museale, non si mangia.

Un uso sbagliato del Recovery Plan?

Non sarà dunque un caso se nel Recovery Plan si è passati da una cifra iniziale di 7 miliardi a poco più di 3 miliardi di euro di finanziamenti. Una somma che corrisponde solo all’ 1,6% del totale dei fondi disponibili. Il processo di svalutazione della cultura in Italia è in atto da moltissimo tempo. Basti pensare per un attimo che le notizie importanti di carattere artistico  sono quasi sempre relegate alla sezione “cultura e spettacolo” dei quotidiani, non raramente  accostate a film di dubbia qualità.

Molte sono poi le bufale, come l’ultima che ha riguardato un disegno inedito di Leonardo, che rimbalzano da una testata all’altra senza nemmeno chiedere il parere ad uno specialista. L’idea che passa è quella che al mondo dell’arte non servano specialisti.  Se queste sono le premesse non possiamo neppure stupirci del presidente del consiglio che parla dei “nostri artisti che ci fanno tanto divertire”. 

appello di Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali, “Non è tempo libero”: https://www.miriconosci.it/appello-non-e-tempo-libero/

Altri articoli dello stesso autore: https://www.sistemacritico.it/author/d-sanchini/

Danilo Sanchini
Danilo Sanchini
Danilo Sanchini, nato a Pesaro nel 1996. Attualmente studente di Storia dell'Arte presso l'Università degli studi di Firenze. Appassionato di Racconti, Leggende, Storie e ovviamente di Capolavori. Innamorato del bello e di ogni sua sfumatura. Scrivo per Sistema Critico da Maggio 2018.

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