sabato, 20 Aprile 2024

In morte di Hans Küng, il “teologo del secolo” e perché tutti dovremmo conoscerlo

Il 6 aprile 2021, nella sua casa di Tubinga e circondato dai suoi famigliari, ha lasciato questa terra il teologo cattolico Hans Küng. Oggi, per i sei mesi della sua scomparsa, è giusto e doveroso dedicare a questa figura, un autentico gigante del pensiero teologico mondiale, un ricordo e una sana discussione attorno alle sue molteplici posizioni.

Una doverosa premessa: non si intende con ciò recitare un panegirico né di Küng, né della Chiesa cattolica, né della religione in generale. Anzi: la grandezza e l’importanza storica di questo personaggio sta proprio nella sua schietta onestà, nel distanziamento da ogni dogma e nell’assoluta libertà con cui ha trattato ogni tema scottante. In questo senso vuole andare la definizione “il teologo del secolo”: non perché sia stato “teologicamente” perfetto, o abbia rivoluzionato la concezione di questa o quella discussione teologica.

Piuttosto, perché è stato innanzitutto un “uomo del secolo”. Una di quelle rare figure cattoliche che hanno affrontato senza paura, e anzi con straordinario rispetto, le vere questioni del secolo ventesimo. Ciò lo ha reso un pensatore apprezzato dai cattolici come dai protestanti, dagli ebrei come dai musulmani, dai credenti come dagli agnostici e dagli atei. Il che non significa sia stato un teologo “grezzo”, anzi: la capacità di alternare il martello della schiettezza e il bisturi della sottigliezza teologica non gli è mai mancata.

Ma perché interessarsi di un teologo? Cos’hanno da dire al giorno d’oggi, all’uomo d’oggi le posizioni di un uomo come Hans Küng? È indubbio come la percezione generale sul ruolo del teologo abbia subito un drastico declino qualitativo nel corso degli ultimi secoli. Noi tutti consideriamo, consciamente o inconsciamente, questo campo di studi come superfluo, autoreferenziale, ultraconservatore. E, spesso, non a torto. Ma la teologia di Küng (e non solo) ribatte punto per punto:

  • Superflua? Davvero si può definire superflua una discussione onesta e sincera sulla natura di Dio, le sue manifestazioni, il significato di ciò per noi, i rapporti fra le religioni, il dialogo ecumenico? La teologia ben fatta apre nuove porte da un lato all’autocomprensione dell’individuo, dall’altro allo sviluppo di nuovi e migliori rapporti sociali.
  • Autoreferenziale? Spesso è stato così, una sorta di torre d’avorio intellettuale slegata dalla realtà. Ed esattamente ciò contro cui Küng ha sempre, ferocemente combattuto.
  • Ultraconservatore? Vero, una continua lotta al “modernismo” e allo sviluppo umano. Anche in questo caso, tutto ciò che il professore svizzero ha sempre disconosciuto.

La lotta nel Concilio

Nato a Sursee, in Svizzera, Küng trascorre gli anni della sua formazione a Roma, presso il Collegium Germanicum. È ordinato sacerdote nel 1954 e consegue il Dottorato in teologia con una tesi sulla giustificazione nell’opera di Karl Barth. Della prima fase della sua carriera intellettuale, il momento chiave è certamente la partecipazione, in qualità di esperto, al Concilio Vaticano II.

Una piccola parentesi: oggi, nel 2021, si tende a dimenticare la colossale portata storica di questa grande riunione di vescovi e cardinali. Küng, in un’analisi retrospettiva, considererà questa congiuntura storica come un autentico “cambio di paradigma storico”, cioè un momento di tale rinnovamento all’interno della Chiesa romana da non poter più mettere sul medesimo piano i fatti accaduti prima, e i fatti accaduti dopo. E non a torto. Lo status attuale della Chiesa cattolica dipende quasi interamente dai fatti avvenuti in quei pochi anni di Concilio. Idem la sua struttura, i suoi protagonisti, le sue posizioni politiche ed ideologiche, la sua liturgia, il suo rapporto con il mondo. Non è poco, se accettiamo di considerare in modo pragmatico la sua influenza nelle odierne dinamiche globali.

Hans Küng nel Concilio

In quel contesto, Küng fu portavoce e membro “di alto rango” del cosiddetto “blocco mitteleuropeo” aperto a rinnovamento, riforme e antidogmatismo. Un impegno profondo affinché la Chiesa romana decidesse davvero di abbandonare la sua retorica antimodernista e conservatrice e, al suo posto, prepararsi ad affrontare con volto e mente nuovi le sfide del tempo. Nessun dubbio che il risultato, in tal senso, fu assolutamente eccellente. Il Vaticano II fu una svolta epocale che ribaltò in larga misura il rigido dogmatismo antecedente.

Dopo Paolo VI però, escludendo la brevissima parentesi di Papa Luciani, la Chiesa cattolica entrò nel suo pontificato più lungo di sempre, quello di Giovanni Paolo II. Da lui, Küng si vedrà revocata, nel 1979, la cattedra di teologia cattolica presso l’Università di Tubinga (ma riuscirà a proseguire nell’insegnamento presso la cattedra di teologia ecumenica) a seguito delle posizioni espresse nel libro Infallibile?, in cui affrontava con forza e onestà critica il controverso dogma dell’infallibilità papale. Su Wojtyla, Küng sarà sempre critico quasi fino al disprezzo. In effetti, il pontificato di questo papa polacco conservatore fu quantomeno problematico, soprattutto in termini di gestione dell’eredità del Concilio.

Dio esiste? E come essere cristiani?

Il teologo di Sursee non fu però solo un “combattente in prima linea”, ma anche, o forse soprattutto, un uomo seriamente interessato alle questioni più autentiche della vita umana. In questo senso, le sue due opere principali sono forse Essere cristiani (1974) e Dio esiste? (1978), una sorta di idra a due teste (di oltre mille pagine ciascuna) capace di affrontare in modo coraggioso e impressionante blocchi interi di questioni religiose.

Dio esiste? è di fatto forse il tentativo moderno più riuscito di sistematizzazione del problema di Dio nell’età moderna. In questa opera egli propone risposte nuove, e possibilmente più soddisfacenti, a domande millenarie su Dio, la divinità, il fine ultimo delle cose, il rapporto fede-scienza. Tramite una prima, corposissima parte del libro, Küng disseziona con attenzione minuziosa e rispetto assoluto le filosofie di Hegel, Pascal, Tommaso, Descartes, Nietzsche, Marx, Spinoza, Heidegger, Schelling e Feuerbach, e procedendo in modo sistematico trova delle soluzioni praticabili per il cristiano di oggi.

Gli elementi nuovi
  • Un elemento sorprendente: per il 90% del contenuto, il saggio parrebbe scritto da tutto fuorché un teologo cattolico ordinato sacerdote. Solo nelle conclusioni di ciascun capitolo Küng si focalizza sulle conseguenze reali per il credente. Ciò ancor più a dimostrare come, per certi personaggi, le etichette stiano sempre molto strette.
  • Un’intuizione importante: la fede oggi non si può più fondare in senso verticistico, top-down, “credi perché devi credere”. Deve piuttosto derivare da una “fiducia di fondo”, razionalmente e consapevolmente costruita e scelta di fronte alle alternative, sempre reali e valide, del nichilismo e dell’ateismo.
  • Una debolezza: come si giustifica il passaggio, motivato razionalmente, della scelta nel credere in un fine ultimo, e di dargli il nome di Dio, e di riconoscergli taluni attributi, a credere in un Dio specifico, contingente, per esempio il Dio cristiano, o il Dio musulmano. Su questo Küng argomenta, ma in modo piuttosto debole.

In Essere cristiani, Küng fornisce un quadro spettacolare-ideale del cristianesimo “quale dovrebbe essere” all’alba del nuovo paradigma post-conciliare. E affinché meglio si conformi alle vere domande del credente. Per sintetizzare in maniera estrema: ritorno alla centralità di Cristo, analisi storico-critica dei testi sacri quale requisito fondamentale, ricerca della verità, critica profonda della complicata cristologia (Figlio, Padre, Trinità ecc.), ruolo centrale della scienza, rifiuto del tradizionalismo e della dogmatica. Non un cambiamento da poco.

Un’etica mondiale? L’impegno per il dialogo interreligioso

A lato, per così dire, del Küng on the battleground e del Küng at the desk, vi è anche il Küng attivamente impegnato in senso sociale. Gran parte della sua produzione matura è dedicata alla comprensione teologica delle religioni, specialmente le tre abramitiche, e al dialogo interreligioso. Nel 1993 crea l’associazione Weltethos (Etica mondiale), esposta in un breve documento, in un libricino programmatico e poi approfondita da numerose, e corpose, monografie.

L’idea di base: non c’è pace tra nazioni senza pace fra religioni, non c’è pace fra religioni senza dialogo fra religioni, e non c’è dialogo fra religioni senza comprensione reciproca delle religioni. Arrivati all’ultimo tassello, sarebbe possibile costruire un idealtipo di etica mondiale che funga da base funzionante per cristiani, ebrei, musulmani, fedeli orientali, atei e agonistici.

Forse, tra tutti gli impegni della carriera di Küng, questo può essere il più attrattivo anche per chi, della religione in sé, ha meno interesse. L’importanza odierna del dialogo interreligioso è fuori discussione. Accettando il primo punto della dichiarazione programmatica (non c’è pace fra nazioni senza pace fra religioni), difficilmente si possono ignorare i passaggi successivi.

Questo primo punto può certamente essere contestato e si inserisce in un più ampio dibattito riguardante il ruolo della religione nella società moderna e nella comprensione dei fatti internazionali con, o senza, una lente attenta alle dinamiche religiose. Non è questo la sede adeguata per sviluppare un tanto gravoso tema. Ma comunque, anche chi è in disaccordo in linea generale non può negare che poi, nella pratica, le religioni nel panorama internazionale di oggi contano eccome. Possono non essere viste, e spesso a ragione, come l’elemento con la L maiuscola, la causa fondante di molte dinamiche. Ma che esse possano essere quantomeno concause di molti fatti ed eventi, non può essere negato.

Che tipo di comprensione? Un esempio di Küng

Un punto fondamentale che Küng è abile a fare emergere è quello della comprensione reciproca fra le religioni. È indubbio come molti dei punti di scontro sensazionali fra, ad esempio, Cristianesimo e Islam derivino da errati convincimenti, sedimentatisi lungo i secoli. Un esempio ottimo: la cristologia, ovvero il ruolo, la funzione, la natura di Cristo. L’Islam imputa al cristianesimo un’idea storico-spirituale di Gesù Cristo difficile, complicata, confusionaria. E, nel fare propria tale figura storica anche in senso religioso, la semplifica notevolmente. Via ogni dogma trinitario, ogni presunta filiazione divina: Gesù (‘Isa) era piuttosto un profeta, assolutamente umano. La trinità cristiana viene spesso fraintesa mettendo Dio, Maria (anziché lo Spirito Santo) e Gesù ai tre lati del triangolo trinitario. Si considera tutto questo grande complesso teologico come una negazione dell’unicità di Dio, dogma islamico fondamentale.

Küng, che spinge per l’avvicinamento tra cristiani e musulmani spinto da onestà intellettuale, propone un duplice passo incontro. Per i musulmani: non sarebbe più onesto e sensato un tentativo di comprensione più autentico del dogma trinitario, pur nelle sue difficoltà? E approcciare il fatto che davvero, per un cristiano, la trinità divina non implica una rinuncia al monoteismo? Per i cristiani: non sarebbe più onesto e sensato un ripensamento di questa complicatissima cristologia che, oltre a non esistere nelle vere “fonti fondanti” del Cristianesimo (i Vangeli), per di più confonde i cristiani stessi in primis, e gli altri credenti, in secundis?

Questo è solo un esempio pratico di quello che Hans Küng ha provato, con grande sforzo ma anche con grandi risultati, a proporre ed applicare. In tal senso, l’impegno di Papa Francesco nel dialogo con l’Islam deve certamente avergli fatto piacere. Nella sua vita ha partecipato attivamente al rinnovamento della Chiesa, ha dissezionato intellettualmente i grandi perché della religione a confronto con l’oggi, e si è impegnato con coraggio nel campo sociale e del dialogo. La sua morte, ad aprile di quest’anno, ha tolto al mondo un teologo che non può lasciare indifferenti. Criticabile, anche in modo severo. Spesso mal sopportato da molti ambienti. Ma di certo non ignorabile.

Matteo Suardi
Matteo Suardi
Matteo Suardi, oltrepadano di nascita e di spirito, classe 1997. Studio Scienze internazionali all'Università di Torino, profilo Middle East and North Africa. Fiero appassionato di Medio Oriente, multilateralismo e studio delle religioni, scrivo per Sistema Critico nella sezione Politica. Die hard fan dell'ONU, unica cosa al mondo che mi emoziona più di Roger Federer.

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