giovedì, 25 Aprile 2024

Russia e Israele: dalla mediazione allo shock delle dichiarazioni di Lavrov

Israele all’inizio delle ostilità da parte della Russia si era presentato come un possibile mediatore, forte dei suoi buoni rapporti con Mosca. L’approccio distaccato ed equidistante di Israele aveva irritato l’Ucraina e gli stessi USA, vista anche la mancata adesione alle sanzioni contro la Russia e al trasferimento di armi all’esercito ucraino.

A inizio marzo, il primo ministro Naftali Bennett aveva incontrato Putin al Cremlino per tentare invano una soluzione diplomatica al conflitto. Nonostante i tentativi di mediazione falliti, l’equilibrismo del governo Bennett tra i due schieramenti sembra essere arrivato a un punto di svolta. Il fattore scatenante è stata l’intervista al Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov mandata in onda lunedì nella trasmissione “Zona Bianca” di Rete 4.

Alla domanda del presentatore Giuseppe Brindisi su come gli ucraini potessero essere nazisti quando il presidente Zelensky è ebreo, Lavrov ha riservato una risposta sconcertante. “Secondo me anche Hitler aveva origini ebree”. E ancora, “da tempo ormai sentiamo il popolo ebraico che dice che i maggiori antisemiti sono proprio gli ebrei”.

La reazione di Israele non si è fatta attendere, con lo sdegno del governo israeliano che ha definito “inaccettabili” le dichiarazioni di Lavrov. Il governo ha prontamente convocato l’ambasciatore russo a Tel Aviv per chiedere chiarimenti su quanto accaduto.

Le relazioni tra Russia e Israele

All’inizio dell’invasione dell’Ucraina, la posizione ambigua di Gerusalemme era prevedibile, se si considera che i russi in Israele rappresentano una delle comunità etniche più numerose (circa un milione su una popolazione totale di 9 milioni). Il russo è la terza lingua più diffusa dopo l’ebraico e l’arabo, rendendo Israele uno dei paesi più vicini alla cultura russa fuori dalle ex repubbliche sovietiche.

In buona parte si tratta di ebrei russi che sono giunti nel paese in due grandi ondate migratorie, la prima negli anni ’70 e la seconda, più consistente, nei difficili anni ’90 in seguito al collasso dell’URSS. Molti ebrei russofoni hanno compiuto l’Aliyah (la migrazione verso Israele degli ebrei della diaspora) cercando rifugio dal caos post-sovietico e dagli episodi di discriminazione.

Dall’inizio della crisi attuale, circa 13.000 ebrei russi sono emigrati in Israele sfruttando la “legge del Ritorno”, che consente a tutti gli ebrei di trasferirsi e risiedere liberamente nel paese. Molti lo hanno fatto in qualità di dissidenti, preoccupati per la censura e l’impossibilità di criticare liberamente le azioni del regime di Putin. Il loro numero sarebbe addirittura più alto degli ucraini fuggiti in Israele dalla guerra, circa 8.500 persone.

Il sostegno “farfugliante” all’Ucraina

Nonostante la vicinanza con Mosca, lo Stato ebraico ha anche buoni rapporti con Kiev. La comunità ebraica ucraina è una delle più importanti d’Europa con stime che variano da 49.000 a 400.000 fedeli. Lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky è di religione ebraica. Inoltre, il paese è il luogo di nascita di una delle tradizioni religiose dell’ebraismo più significative, cioè il movimento del chassidismo fondato dal rabbino e mistico Israel Ben Eliezer, conosciuto come il Baal Shem Tov.

Tale vicinanza culturale tra Ucraina e Israele si è riflessa nella condanna dell’invasione espressa da Gerusalemme all’inizio della crisi. Ma le dichiarazioni del governo israeliano sono rimaste sottotono, timorose di rompere le relazioni strategiche con la Russia, un partner indispensabile.

Alon Pinkas sul quotidiano Haaretz definisce l’approccio israeliano immorale, oltre che imprudente. Pinkas parla di “fumfering“, parola di origine yiddish che significa farfugliare, mormorare o temporeggiare in modo evasivo. Rimarca il fatto che Israele non ha esperienza come mediatore, mentre le sue posizioni blande nei confronti della Russia rischiano di compromettere la sua solida alleanza con gli Stati Uniti.

Il riorientamento della politica estera israeliana

Ma ora le cose sembrano smuoversi. Già l’opinione pubblica israeliana ha reagito negativamente alle notizie dei massacri di civili per mano delle forze occupanti russe.

I primi segnali di un cambio di rotta nella politica di Israele si erano già avuti con il suo voto favorevole all’estromissione della Russia dal consiglio dei Diritti Umani di Ginevra. Al voltafaccia in sede ONU è seguito l’annuncio del Ministro della difesa israeliano Benny Gantz dell’invio di equipaggiamenti per le organizzazioni civili e umanitarie ucraine.

In risposta, Mosca ha espresso vicinanza ai palestinesi coinvolti nelle violenze sulla Spianata delle moschee a Gerusalemme. Inoltre, ha condannato un raid israeliano contro delle postazioni militari fuori Damasco. Israele e Russia da tempo avevano trovato un’intesa sulle rispettive operazioni militari in Siria, un coordinamento tacito in favore degli interessi reciproci. Ora questo equilibrio rischia di spezzarsi, con il rischio di ripresentarsi di incidenti tra i due paesi, come avvenuto il 19 settembre 2019, quando un bombardiere russo venne colpito per errore dalla contraerea siriana, dopo che alcuni aerei israeliani erano entrati nello spazio aereo di Damasco per colpire degli obiettivi di Hezbollah.

Ora le dichiarazioni di Lavrov non sono passate inosservate e rendono la vicinanza alla Russia ancora più insostenibile e imbarazzante per Israele, da dove sono arrivate le dure reazioni della società civile e delle istituzioni.

La storia delle presunte origini ebraiche di Hitler

Lavrov ha ripreso una delle varie teorie del complotto che circondano le vicende legate alla Shoah, secondo la quale Hitler stesso avrebbe avuto origini ebraiche. La diceria trova la sua origine nelle dichiarazioni di Hans Frank, governatore generale nella Polonia occupata dai tedeschi. Egli affermava che il nonno paterno di Hitler fosse in realtà un ebreo austriaco e che il dittatore avrebbe fatto di tutto per nascondere la verità.

Ovviamente tali affermazioni si sono rivelate infondate e prive di qualsiasi evidenza storica. Nonostante ciò, quella del nonno ebreo di Hitler è una leggenda ormai molto diffusa, spesso ritenuta erroneamente come un fatto storico accertato.

In realtà, questa tesi cospirazionista è tornata utile al nuovo antisemitismo per deresponsabilizzare i nazisti del genocidio contro la popolazione ebraica europea. Ingigantendo la tesi del nonno ebreo di Hitler, come risultato si arriva all’idea perversa per cui gli ebrei siano stati carnefici di loro stessi.

La propaganda russa agisce indisturbata attraverso l’Italia

Va da sé, la vicenda di Lavrov deve farci riflettere sulla qualità del nostro giornalismo. Checché se ne dica dell'”ascoltare sempre anche l’altra campana”, l’Italia ormai è diventata la testa di ponte della Russia in Occidente. La propaganda filo-russa ha fatto breccia nel dibattito pubblico italiano già da molto prima dell’invasione dell’Ucraina attraverso un’area politica fin troppo vicina a Mosca. E questa si sposa perfettamente con un rinnovato sentimento anti-occidentale relativista e benaltrista, ripreso da molti canali d’informazione nostrani.

Come da norma, il giornalismo italiano si rivela incapace di porre domande scomode e confutare con i fatti ciò che viene detto. Il lavoro giornalistico che mette in difficoltà l’intervistato è inesistente da anni e ne abbiamo un’ovvia riconferma in ciò che è apparso sugli schermi lunedì. Davanti a questo approccio accomodante e arrendevole si presenta la propaganda di regime di un paese dove libertà di stampa e di parola sono inesistenti. Tutto ciò in uno dei momenti più difficili per l’Europa, un momento in cui l’Italia è chiamata a prestare fede ai suoi impegni e a prendere posizione a livello internazionale.

Anche di fronte alle dichiarazioni deliranti di Lavrov su Zelensky, un presunto self-hating Jew, il conduttore dell’intervista resta impassibile.

Se ci si lanciasse in una risposta istintiva a Lavrov, si potrebbe dire che in realtà i maggiori antisemiti sembrano essere proprio i russi? Gli autori dei Protocolli dei Savi di Sion, dei pogrom nel periodo zarista e dei tentativi di ricollocamento forzato nella remota Oblast’ autonoma ebraica siberiana in epoca stalinista. E ora le parole di Lavrov, che, come ha risposto Bennett, in realtà racchiudono una delle più tradizionali tesi antisemite, quella che vede gli ebrei stessi come responsabili dell’odio nei loro confronti.

Massimiliano Marra
Massimiliano Marrahttps://www.sistemacritico.it/
Di radici italo-cilene ma luganese di nascita, attualmente studio economia e politiche internazionali all’Università della Svizzera Italiana e mi interesso di storia e relazioni internazionali con un occhio di riguardo ai contesti extraeuropei. Nel tempo libero suono il basso elettrico e vado in burn out di musica.

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