sabato, 20 Aprile 2024

Chi ha paura del sesso?

Grazie all’ultima idea del senatore Pillon (gruppo Lega – Salvini Premier) presto molti giovani italiani potrebbero trovarsi nella situazione di dover chiedere alla mamma o al papà il permesso per guardare un video porno. Detta così sembra quasi una barzelletta, ma non lo è e nasconde gravi problemi. Una norma tutta tabù e zero educazione sessuale.

Cosa prevede l’emendamento di Pillon?

Da qualche giorno si parlava dell’emendamento introdotto dal senatore leghista Pillon al “Decreto Giustizia“, giovedì 29 marzo è stato approvato con il voto di fiducia alla Camera dei deputati.

L’articolo 7 bis, sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio, introduce una sorta di parental control che dovrebbe essere inserito preventivamente su tutte le linee da parte dei gestori. In questo modo tutti i contenuti violenti o pornografici, in generale tutto ciò che è vietato ai minori sarebbe bloccato. Secondo quanto prevede la norma, il filtro può essere sbloccato, tramite richiesta esplicita al gestore, solo dal titolare maggiorenne del contratto.

Questo emendamento ha generato notevole scalpore. Per ipotesi, se questo articolo trovasse applicazione, ogni persona che volesse guardare un video porno, un contenuto violento (presenti anche in molti videogiochi) dovrebbe fare richiesta di sblocco al proprio gestore. Ma un adolescente? Ecco, un adolescente che fosse interessato a un video porno o un videogioco dai contenuti violenti dovrebbe chiedere ai genitori di sbloccargli il contenuto. Lo stesso accadrebbe per un ragazzo maggiorenne che volesse utilizzare quei videogiochi o quei video con il wi fi di casa, che molto probabilmente è intestato ai genitori. Le conversazioni che ne seguirebbero, soprattutto per il primo caso, potrebbero generare situazioni decisamente imbarazzanti, al limite del ridicolo.

Pillon, la brillante mente dietro questa idea

Forse, per capire meglio l’origine di questa norma, è utile sprecare qualche parola sul suo ideatore. Simone Pillon è stato eletto senatore nel 2018 tra le file della Lega. Le sue idee sono già note da tempo e da quando è senatore le ha messe in pratica con alcune controverse proposte, tra cui queste.

Convinto cattolico, è tra gli organizzatori del Family Day, la famosa manifestazione pro-famiglia naturale (mamma-papà-figli). Nelle ultime settimane si è espresso contro la legge sull’omofobia. È interessante che tra le critiche ci fosse il fatto che il paese avrebbe problemi più importanti da affrontare, ad esempio l’emergenza sanitaria ed economica, la mafia, il sistema giudiziario. Poi però, lo stesso senatore si è concentrato sul parental control.

Non solo contro il gender e i gay, anche contro aborti e uteri in affitto. Ovviamente si oppone anche a eutanasia e suicidio assistito.

Lo scorso anno ha anche presentato un disegno di legge sui divorzi ampiamente criticata. Questo avrebbe reso i divorzi più complessi e costosi, ostacolandoli, ma soprattutto presentava una logica e una visione basata solo sull’adulto, più che sulla tutela del minore.

Difficoltà tecniche

Questo provvedimento, però, presenta delle difficoltà tecniche, che il senatore Pillon non ha considerato o non conosce. Infatti, ci sono altri esempi di Stati che hanno approvato leggi simili e poi si sono scontrati con un’impossibilità di fatto, tra cui l’elevato rischio di censura. Prima di tutto perchè bisogna porsi il problema di cosa sia “inappropriato” e come bloccarlo, spesso un filtro del gestore non è sufficiente. Si vedano il Regno Unito e gli Stati Uniti.

L’avvocato Sarzana, su Repubblica, spiega che “Vista così sembra solo una cosa buona, ma all’estero tentativi simili si sono scontrati con problemi insormontabili e il grosso rischio di favorire solo la censura di internet. È il motivo per cui una legge simile è stata bloccata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti ed è stata sospesa indefinitamente nel Regno Unito”.

Le difficoltà tecniche richiederanno una revisione della norma, perchè così è inapplicabile, come spiegato da Stefano Quintarelli, presidente del Comitato di indirizzo AGenzia per l’Italia Dgitale.

I ragazzi possono facilmente aggirarla

Inoltre, è utopistico pensare questo blocco possa fermare gli adolescenti di oggi, nativi digitali. Sono ragazzi che hanno conosciuto solo gli smartphone, non ricordano i telefoni cellulari precedenti, e conoscono internet molto meglio di un uomo come Pillon. Essi conoscono altre strade per accedere ai contenuti che gli si vorrebbe vietare e non sono nemmeno troppo complicate. Ad esempio si può pensare ai mille gruppi di Telegram, che ripostano contenuti da siti porno (video girati con il consenso degli attori), o nella peggiore delle ipotesi Revenge Porn o in generale scatti e video ottenuti senza consenso. Altra strada possibile sarebbe il ricorso al Deep Web.

Questa trovata, dunque, sarebbe inutile, ma rischia anche di diventare dannosa perchè spinge i ragazzi verso vie più pericolose. Infatti, come già citato, spesso le immagini postate nei gruppi telegram sono una vera violenza contro delle donne; invece sul Deep Web i giovani verrebbero esposti a cose ben più gravi di un video porno, ad esempio la vendita di armi, droghe pesanti, pedopornografia, ecc…

Cosa succederà?

Il PD ha presentato un ordine del giorno in cui si chiede che i filtri vengano attivati su richiesta del titolare e non in via preventiva.

Le enormi difficoltà tecniche renderanno questa norma inapplicabile, se non venisse rivista. Probabilmente chi l’ha scritta non aveva le competenze digitili adatte a capire.

Tra Mamma-Stato e tabù

Inserire un parental control nei dispositivi informatici era già possibile e non era nemmeno troppo complicato. Un qualsiasi genitore che avesse voluto proteggere i proprio figli minori da contenuti violenti o pornografici avrebbe potuto tranquillamente imparare e impostarlo in pochi minuti, magari seguendo le innumerevoli guide che si trovano online.

Questa norma sembra voler sostituire lo Stato al ruolo genitoriale. Così che sia il primo a imporre limiti e controlli ai minori, invece dei loro gentiori. Questo tipo di limite, tra l’altro, sarebbe molto semplice da applicare, alla portata di chiunque, dunque risulta ridondante l’imposizione dello Stato.

Senza considerare che lo Stato, nel volersi sostituire al genitore, lo fa male. Esso si limita a creare un tabù, senza fornire al minore un modo sano di conoscere il sesso.

Un rapporto sbagliato con il sesso

Se il parental control è già facilmente attivabile, perchè questo emendamento limitante?

L’origine è da cercare in un rapporto sbagliato con il sesso. Ciò che si vuole ottenere è creare maggior tabù e imbarazzo sul tema. Creare vergogna intorno a un atto del tutto naturale e così formare ragazzi che non sanno come approcciarsi al sesso.

Molti adulti sesualmente attivi sono ancora pieni di tabù. La loro incapacità di parlarne, però, non deve diventare un motivo per creare lo stesso problema anche nelle prossime generazioni.

Certo, questi contenuti van tenuti lontani da un bambino, ma perchè da un adolescente sviluppato che forse sta vivendo le prime esperienze? La risposta potrebbe essere che un contenuto pornografico può dare un’immagine completamente sbagliata e finta del sesso. Questo è vero, ma ghettizzare il sesso non è la soluzione, anzi è un ulteriore danno.

“Educazione sessuale” non è una parolaccia

L’emendamento di Pillon prevede filtri, ma niente in termini di educazione sessuale.

Se si vuole che i giovani abbiano un’idea sana di cosa sia il sesso e come viverlo in sicurezza, quello che servirebbe sono migliori programmi di educazione sessuale fin dalle scuole medie (l’età media dello sviluppo per i giovani odierni è più bassa).

In questo modo i giovani avrebbero un approccio guidato da professionisti, capaci di aiutarli negli anni difficili dello sviluppo. Ci sarebbe anche la sicurezza di fornire l’educazione necessaria a conoscere i metodi anticoncezionali e, soprattutto, come proteggersi da malattie sessualmente trasmissibili. Inoltre, questo approccio garantirebbe ai giovani un ambiente sano e sereno dove parlare senza vergogna.

Spesso i giovani sono attratti dal porno prima per curiosità, perchè non sanno cosa sia il sesso e nessuno vuole raccontarglielo. Per loro è un modo di cercare risposte che gli adulti non danno, sbagliando.

C’è anche il problema dell’abuso e della dipendenza che possono crearsi da questi video, ma chi meglio di professionisti del settore può aiutarli a non cadere in questa trappola?

L’unico modo per combattere l’abuso di pornografia tra giovanissimi è fornire loro una visione sana del sesso.

Nonostante tutto questo, molti genitori si attivano contro le scuole quando queste provano a organizzare corsi di educazione sessuale. Questo dimostra, ancora una volta, che il problema sono i tabù degli adulti, non la naturale curiosità di un giovane.

Il muro di vergogna che ricopre ogni cosa riguardante il sesso ha bisogno di essere abbattutto. Va garantita ai giovani un’educazione sessuale seria, la libertà sessuale e la possibilità di vivere la propria sessialità serenamente.

Andrea Giulia Rossoni
Andrea Giulia Rossoni
Classe 1996, nata nella nebbiosa provincia novarese, laureata a Pavia in scienze politiche, Erasmus a Bamberg. Oggi studio a Torino Relazioni Internazionali, profilo China and Global Studies. Fin da bambina ho sempre la valigia pronta, qualcuno mi chiama vagabonda. Innamorata del sogno europeo, affascinata dall'Asia, ma curiosa di quello che succede in tutto il mondo.

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