domenica, 28 Aprile 2024

Dentro Idlib assediata dal regime

L’offensiva del regime siriano contro l’ultima città in mano ai ribelli ha già provocato ottantamila sfollati in una settimana e decine di morti. L’Onu avverte:”Si rischia una catastrofe umanitaria”

Idlib è una città di più di centocinquantamila abitanti, situata nel nord della Siria,ai confini con la Turchia. E’ quì che gli Stati Uniti, a ottobre, hanno compiuto il blitz che ha ucciso il califfo al-Baghdadi. Basterebbe solo questo per far conoscere questa città che sorge vicino al sito archeologico dell’antica città di Ebla, e caduta durante l’offensiva dei ribelli nel 2015. sembrava la fine del regime siriano, al collasso su tutti i fronti e costretto a difendere Damasco prossimo obiettivo sia dell’Isis che degli altri gruppi rivoltosi. Quattro anni dopo, l’intervento militare russo non solo ha salvato il presidente Assad, ma ridato la forza al regime di riconquistare i territori persi e puntare su Idlib, in una resa dei conti in cui ancora una volta pagare il prezzo più alto tocca alla popolazione

La città sotto le bombe russe e dei governativi

Negli ultimi giorni si sono intensificate le azioni militari dell’esercito governativo e di Mosca, che hanno causato decine di morti e la fuga di almeno ottantamila civili. I bombardamenti rientrano nel quadro dell’offensiva per riconquistare la regione ancora in mano ai ribelli, soprattutto gruppi qeadisti, ma anche componenti dell’esercito libero siriano. Ankara ha affermata che non potrà affrontare l’ondata di profughi che si sta ammassando al confine da sola e ha chiamato in causa l’Europa, ancora una volta assente. Anche l’Onu ha avvertito che se non si trova una soluzione, si rischia una nuova crisi umanitaria. Il rischio è che a Idlib tocchi la stessa sorte delle altre città riconquistate da Damasco, ovvero un lungo assedio fino alla capitolazione

Idlib devastata dalle bombe

Una guerra infinita

La sconfitta dell’isis e la morte del suo leader, ha illuso che la questione siriana fosse conclusa. Ma il conflitto è continuato e le conferenze di pace annunciate in questi anni sono naufragate di fronte alle violenze perpetrate da ambo le parti. L’intervento della coalizione contro lo Stato Islamico e il successivo vuoto lasciato dagli Stati Uniti con il ritiro delle truppe ha internazionalizzato il conflitto: Iran e Russia ne hanno approfittato ritagliandosi uno spazio nella futura ricostruzione del paese. A tutto questo si aggiungono i raid israeliani, spaventati dall’espansione politica e militare iraniana. A pagare il prezzo di questa guerra di procura, è la popolazione ormai esausta dopo anni di violenze.

La mappa del paese dopo otto anni di guerra

le nuove reclute della jihad

Il rischio più grande è quello di consegnare una nuova generazione alla causa jihadista. Le immagini dei massacri al Aleppo e nella Ghouta, con l’Onu e l’Ue incapaci di reagire, sono rimasti impressi nei siriani. Un nuovo bagno di sangue a Idlib significherebbe spingere nelle braccia dell’Isis e al-Qaeda futuri combattenti indottrinati da un nuovo odio e risentimento nei confronti dell’Occidente. Uno degli elementi di maggiore successo dell’Isis fu la comunicazione, che attirò migliaia di giovani tra le sue fila, facendo leva sul risentimento dei musulmani. Abbandonare ancora i siriani permetterebbe all’ideologia estremista di infiltrarsi nuovamente e reclutare nuovi jihadisti

Una nazione senza futuro

La Siria si sta avviando al suo nono anno di guerra. Iniziata come protesta, in otto anni si è trasformata in una sanguinosa guerra civile, con mezzo milione di morti e 5,4 milioni profughi. il vuoto creatosi è stato occupato prima dallo stato islamico, poi da potenze come Iran Turchia e Russia, disinteressate dal trovare una vera soluzione al conflitto. Lo stesso regime che quattro anni fa era sul punto di crollare, è riuscito a capovolgere le sorti del conflitto sfruttando l’intervento militare di Stati Uniti e soprattutto di Mosca. Con la Caduta di Idlib, Damasco può annunciare la vittoria sulla resistenza, aiutato dall’indifferenza dell’Occidente.

In fuga dalle bombe su Idlib

Manuel Morgante
Manuel Morgante
Nato a Pesaro il 15 febbraio del 1998. Ho frequentato il liceo linguistico di Pesaro e attualmente studio storia all'università di Bologna. Ho la passione per lo sport, l'attualità, la politica e il giornalismo.

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