sabato, 14 Dicembre 2024

Dolly Parton e il sogno americano

“Just because I’m blonde don’t think I’m dumb, ’cause this dumb blonde ain’t nobody’s fool”

( Solo perchè sono bionda, non pensate che io sia stupida, perchè questa stupida bionda non è la stupida di nessuno)

“Dumb Blonde” – Dolly Parton

Dolly Parton è una delle cantanti country più premiate al mondo, ha vinto undici Grammy e un Emmy Award, ricevuto due candidature per gli Oscar e una per il Tony Award. Nel mondo dello spettacolo da più di 50 anni e con più di 50 album realizzati, una sua etichetta, e perfino un parco divertimenti a tema, il Dollywood.

Eclettica, stravagante ed eccentrica, con una personalità dirompente e spesso considerata sopra le righe.

Il sogno americano

La carriera di Dolly Parton inizia come il più banale dei clichè, con la classica frase “I came from nothing” che sa tanto di sogno americano.

Una giovane originaria delle campagne del Tennessee, senza denaro o educazione, compiuti i 18 anni decide di trasferirsi a Nashville, patria della musica country, con un sogno: diventare una star.

Nel 1967 esce così il suo primo album: “Hello, I’m Dolly

L’opportunità che le aprirà le porte del successo sarà però la partecipazione (che si prolungerà per quasi 7 anni) al The Porter Wagoner Show.

È la prima occasione per Dolly per dare sfoggio non solo della sua voce, ma anche della sua personalità, così energetica e coinvolgente, che la renderà in breve tempo amata dai fan dello show.

Verso la fine degli anni 70, complice il vento del cambiamento, le sue sonorità country cominciano ad andare verso la direzione del pop e del mainstream:

Sarà infatti il 1974 l’anno della sua consacrazione al grande pubblico: esce l’album Jolene, che contiene al suo interno due dei pezzi che diventeranno la sua firma a livello globale: Jolene, la canzone che da il nome all’album, e l’immensa I will always love you, di cui Whitney Huston farà successivamente una delle più celebri cover.

Ma Dolly Parton non è solo una grande artista. Nata come la ragazza di campagna venuta in città a cercar fortuna, dalla figura minuta, la voce angelica e le parrucche biondissime diventa in breve un simbolo di cambiamento in cui la gente si riconosce.

“Just because I’m a woman”

Sebbene la Parton abbia a più battute dichiarato di non considerarsi femminista nel senso più politico del termine, la sua persona e la sua musica parlano per lei.

Just let me tell you this

Then we’ll both know where we stand

My mistakes are no worse than yours

Just because I’m a woman

(Lascia che ti dica questo, così sapremo entrambi come stanno le cose, i miei errori non sono peggiori dei tuoi, solo perché sono una donna)

Just Because I’m a Woman – Dolly Parton

Just Because I’m a Woman esce nel 1968 e dà il titolo all’omonimo album. Siamo in piena rivoluzione sessuale, anni di cambiamento in cui si combatte per abbattere tabù e per le pari opportunità.

La canzone di Dolly è una ventata d’aria fresca: con sonorità country, ma che al contempo si distanzia dalle tematiche solitamente trattate dal genere fino a quel momento, che descrivevano la figura della donna solo come madre e protettrice della casa.

Qui la Parton rivendica il diritto ad essere considerata una persona, prima che una donna, e che tale condizione prescinde dai suoi sbagli, dal suo modo di essere e di agire. Rende chiaro una volta per tutte di non essere “quell’angelo che gli uomini cercano a cui mettere un anello al dito”.

Non esattamente quello che ci si aspetta da una cantante country alla fine degli anni 60.

9 to 5 come inno all’emancipazione

Come già accennato, la carriera della Parton non si ferma alla musica country e al songwriting.

Il 1980 è l’anno del suo debutto come attrice nel film “9 to 5“, una commedia del 1980 che vede protagoniste, oltre alla stessa Dolly Parton, Jane Fonda e Lily Tomlin, da cui nascerà una longeva amicizia.

È proprio Jane Fonda, infatti, ad offrirle il ruolo, vedendo in lei una personalità e dei valori in linea con il messaggio che la commedia vuole comunicare. La storia infatti gira intorno a 3 impiegate che escogitano una via per emanciparsi a fronte della natura sessista e profondamente ipocrita del loro capo.

La Parton accetta l’incarico ad una condizione: poter scrivere la sigla del film. E così avviene: il singolo 9 to 5 diventa l’inno delle donne lavoratrici che lottano per ottenere condizioni di lavoro dignitose. Il messaggio così limpido e il ritmo coinvolgente portano la Parton ad essere nominata per un Academy Award, e la canzone ad essere considerata un simbolo di lotta per l’emancipazione e le pari opportunità.

Fun Fact: il ritmo della canzone è tenuto dal ticchettio di una macchina da scrivere e l’idea viene alla Parton sul set del film, mentre sta sfregando le sue unghie acriliche una contro l’altra, movimento che richiama proprio quel tipico rumore.

Un cappotto dai tanti colori

Coat of Many Colors è un pezzo del 1971, scritto dalla Parton nel pieno della sua collaborazione con Porter Wagoner.

Il tema è un ricordo d’infanzia della madre, che trovandosi senza soldi per comprarle un cappotto per affrontare l’inverno, decide di cucirlo lei stessa, unendo tante pezze di diversi colori. Dolly è estasiata di ricevere questo cappotto, ma l’entusiasmo si frena quando, indossandolo, i compagni di classe cominciano a prenderla in giro.

Ma Dolly non si fa sminuire dalle risate dei compagni e la vergogna dapprima provata diventa orgoglio per possedere qualcosa che la rende unica, a suo modo diversa, e che nasce da un atto d’amore, quello di sua madre.

La canzone, seppur si riferisca ad un ricordo legato alla madre e al suo passato, diventa ed è ancora oggi un inno per la comunità LGBTQ+. Essa si rivede infatti, oltre che nei tanti colori di quel cappotto, anche nell’atto di trasformare la vergogna in orgoglio circa quello che si è, e che si indossa in questo caso, a prescindere che questo piaccia o meno agli altri.

Questo non è l’unica occasione in cui la Parton ha dimostrato solidarietà e supporto alla comunità. Si possono trovare altri riferimenti in Eagle When She Flies, pezzo del ’91, che fa leva su quanto l’amore di una famiglia dovrebbe essere incondizionato, e sono innumerevoli le occasioni in cui la Parton ha preso voce in favore delle minoranze.

Insomma, Dolly Parton rende le cose semplici, così come dovrebbero essere: non giudicare, non è il tuo compito, ama gli altri e lascia che gli altri amino te.

Una scena dal film “Dumplin'”, in cui delle Drag Queens si esibiscono sulle note di “Two Doors Down” vestite da Dolly Parton

Dolly Parton è un’icona anche nel 2022

Dolly Parton è un’artista che all’età di 76 anni continua a pubblicare album, molto attiva nel sociale ma che non si è mai schierata apertamente con nessuno.

Una carriera costruita su valori che si rispecchiano nel suo fan base: composto da tutte le età, indipendemente dalla provienienza geografica, dal genere e dall’orientamento sessuale.

Ciò che è certo è che negli Stati Uniti, se non addirittura a livello mondiale, il suo indiscusso talento e l’affetto per la sua community insieme alle stravaganti parrucche bionde, gli ombretti colorati e i tacchi alti fanno di lei, ancora oggi, un’icona e un simbolo di accettazione di sè stessi.

“I don’t know one thing or another about fashion, but people know I’m gonna dress the way I dress, and it suits me,”

(Non so nulla di moda, ma la gente sa che mi vesto come mi pare, e che mi sta bene)

– Dolly Parton

Alessandra Sabbatini
Alessandra Sabbatini
Classe 1999. Bolognese di nascita ma cresciuta in un paesino della Bella Romagna. Amo tutto quello che mi permette di andare lontano con la mente: cinema, letteratura e soprattutto musica. Mi piacciono le gite fuori porta e i viaggi verso luoghi che lasciano a bocca aperta. L'Irlanda è il mio paese del cuore (però sono di parte, ho i capelli rossi)

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