lunedì, 29 Aprile 2024

Il Caucaso in fiamme

Dopo quasi tre mesi di guerra, L’Azerbaijan è riuscita riconquistare parte dei territori del Nagorno-Karabakh(situato nel Caucaso meridionale) e sette distretti sotto il controllo dell’ononima repubblica autonoma dell’Artsakh. L’offensiva azera(supportata dalla Turchia) è cominciata il 27 settembre e si è conclusa il 10 novembre, con l’entrata in vigore del cessate mediato da Mosca. Una pace che è stata accolta come una capitolazione in Armenia, facendo esplodere la rabbia della popolazione, soprattutto a Yerevan, dove la gente ha invaso il parlamento. Per molti, però, il vero vincitore è la Russia e i grandi sconfitti Europa e Stati Uniti.

Ganja, la seconda città dell’Azerbaijan, colpita dai raid dell’Armenia

Una regione contesa

Il Nagorno-Karabakh è un’enclave situata nel Caucaso meridionale, tra Armenia e Azerbaijan, senza sbocco sul mare. Sin dai tempi dell’Urss, essa fu teatro di dispute tra Yerevan e Baku, finendo sotto il controllo di quest’ultimo per volere di Stalin. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica la questione riemerse: ne scaturi una guerra tra i due paesi, preceduta da episodi di pulizia etnica, tra il gennaio del 1992 e maggio del 1994. Il conflitto si concluse con gli accordi di Biskek(in Kirghizistan) che sancì la vittoria Armena e la  nascita della repubblica del Nagorno-Karabakh.

Da quel momento il territorio ha visto, a fasi alterne, scontri armati e diverse violazioni del cessate il fuoco. Culminati con il conflitto di oggi, che ha visto l’Azerbaijan imporsi sul campo di battaglia. Anche grazie al supporto logistico e militare di Turchia(che ha supportato l’offensiva azera con armi e uomini, anche combattenti siriani) e Israele. Il territorio si inserisce in una regione storicamente instabile.

Soprattutto con la caduta dell’Urss sono scoppiati conflitti tra Mosca e vari territori che hanno dichiarato l’indipendenza, in particolare Cecenia e Daghestan, raggiungendo una violenza inaudita. Oggi la ragione vive un precario equilibrio; in molte aree i separatisti si sono radicalizzati sul piano religioso facendo spazio all’estremismo islamismo, compiendo attentati sanguinosi contro civili. Esso ha dato un pretesto a Mosca per giustificare la repressione contro i civili di quella zona, etichettandole come operazioni anti terrorismo.

Con la crisi in Ucraina e la conseguente guerra nel 2014, si è rianimato il sentimento anti russo, ma non trovando l’appoggio dell’occidente, disinteressato a essere coinvolto in questa regione. Una regione che per vicissitudini ricorda i Balcani nella sua storia.

le bombe azere sulla capitale del Nagorno Karabakh, Stepanakert

Le conseguenze del conflitto

 Ma il vero vincitore è Mosca, che è riuscita a estromettere Europa e Stati Uniti, imponendo la propria egemonia a livello politico nel Caucaso. Ue e Stati Uniti non sono riusciti a far rispettare i precedenti accordi di pace e, causa il disinteresse dell’opinione pubblica e della crisi covid, non sono riuscite a ritagliarsi una spazio come galanti per la pace tra i due paesi. Un’altra vittoria per Mosca è stata il danno, che il cessate il fuoco, ha causato al governo armeno.

In particolare, il primo ministro Nikol Pashinyan è accusato dall’opinione pubblica del paese di aver firmato una resa nei confronti del nemico, facendo esplodere la rabbia dei cittadini che hanno invaso il parlamento. La figura di Pashinyan è invisa alla Russia, poiché egli fu eletto nel 2018 dopo aver guidato la rivoluzione contro il governo filo russo di Serz Sargsyan. L’esito del conflitto ha destabilizzato  Pashinyan e il governo, costringendolo a dover indire nuove elezioni, secondo le ultime notizie, una svolta inaspettata per Putin ma ben accolta. La Turchia, al contrario, non è riuscita ad ampliare la sua influenza sul territtorio, nonostante l’apparente vittoria sul campo contro l’acerrimo rivale armeno, ma blando a livello diplomatico e d’immagine, poiché dovrà garantire la sicurezza del territorio con la Russia e non autonomamente come desiderava.

Manuel Morgante
Manuel Morgante
Nato a Pesaro il 15 febbraio del 1998. Ho frequentato il liceo linguistico di Pesaro e attualmente studio storia all'università di Bologna. Ho la passione per lo sport, l'attualità, la politica e il giornalismo.

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