sabato, 20 Aprile 2024

La simmetrica magia di Wes Anderson

Surreale, eclettico, originale, sicuramente non convenzionale. Quando si parla di Wes Anderson e dei suoi film, i cinefili di tutto il mondo si dividono in un dualismo di opinioni fra di loro inconciliabili. O lo si odia o lo si ama, in parole povere. La netta separazione che si crea fra gli appassionati riguardo al regista texano è dettata dalle atmosfere ampollose, quasi astrali oserei dire, utilizzate da Anderson come marchio di fabbrica dei suoi film. A tratti stucchevoli e razionalmente sconnesse, le narrazioni che vengono proposte sono caratterizzate da uno stile grottesco, profondamente sarcastico e filosofico, non adatto a tutte le tipologie di pubblico. Una ricerca continua e maniacale di schemi, simmetrie, geometrie, gradazioni e contrasti cromatici, rendono uniche le produzioni dello statunitense dal punto di vista della regia e della fotografia.

 Grand Budapest Hotel  – 2014

Le (dis)avventure dei protagonisti

Le ambientazioni oniriche e le caratterizzazioni dei personaggi sono le qualità principali delle sue pellicole.  Anderson ha quell’innata capacità di descrivere a trecentosessanta gradi difetti e pregi dei protagonisti, rimarcando e sottolineando i primi e facendo emergere in un secondo momento la “forza” dei secondi. Crea un’empatia particolare fra lo spettatore ed ogni sfortunato (perché in nessun altro modo si possono descrivere i personaggi che vivono all’interno degli ingiusti e avversi mondi da lui creati) eroe dei suoi racconti. Predominante è la tematica dello sbaglio, ossia il momento in cui si apprende e si impara dai propri errori, e attraverso l’analisi di essi si riesce così a porre rimedio alle avversità appellandosi al coraggio ed alla propria indole. E da qui nasce la ricerca perenne da parte dei protagonisti del perdono, attraverso viaggi, peripezie e complicazioni di ogni genere.

Le avventure acquatiche di Steve Zissou –  2004

Il codice Anderson

Niente è lasciato al caso nei film di Anderson. Ogni singola inquadratura, ogni singolo frame ha una finalità ed un richiamo allegorico ben preciso. Sono continuamente presenti metafore ed antitesi di tutti i generi, comunicate attraverso l’utilizzo magistrale che il regista riesce fare della macchina da presa, occupando e colorando lo spazio scenico attraverso una tecnica esclusivamente sua. Il regista ha coniato un vero e proprio codice cinematografico, uno speciale linguaggio facilmente riconoscibile e dal grande impatto visivo.  E’ impossibile guardare una scena di Gran Budapest Hotel, I Tenenbaum, Il treno per Darjeeling o Moonrise Kingdom e non capire al primo colpo d’occhio da chi è stata curata la regia. Il cinema, come tutte le arti, ha delle precise dinamiche comunicative, Anderson non ha fatto altro che interiorizzare e plasmare a suo piacimento quest’ultime, rendendo unici i suoi lungometraggi e ricreando una dimensione a se stante, un vero e proprio micro-mondo dove i suoi personaggi imparano sempre qualcosa di nuovo passo passo con lo spettatore. Le regole e i dettami imposti dal contesto in cui agiscono i protagonisti (rappresentati dall’ordine e dal rigore geometrico con cui ogni scena viene proposta) costituiscono gli ostacoli contro i quali i soggetti devono lottare per vincere le loro paure e superare le difficoltà. Momenti di profonda commozione e di grande ilarità si alternano nelle disavventure di chi è costretto a combattere contro un mondo che impone leggi, restrizioni, stereotipi e schemi ben precisi da cui è difficile liberarsi.

I Tenenbaum –  2001

Non deve piacere a tutti, ma…

Nonostante le sequenze ridondanti e in alcuni rari casi eccessivamente estese, non si può non rimanere affascinati dalla sottigliezza dei dialoghi, dai paradossi morali ed etici creati, dall’atmosfera barocca che ti culla all’interno della narrazione. Il cinema di Wes Anderson è arte, e da tale va trattata. Non deve piacere necessariamente a tutti, del resto la filmografia permette di poter svariare e toccare tematiche diverse con leggerezza ed attitudine sempre diverse. Il consiglio più grande che posso dare a chiunque non conosca questo regista è di provare a spendere due ore del proprio tempo immergendosi completamente nel fantastico mondo che ci offre attraverso le sue pellicole.

Giorgio Pasini

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