domenica, 28 Aprile 2024

Margherita Sarfatti: il momento della rivalsa

Ci sono state, nel corso della storia, persone che, a causa di alcune scelte, pensieri e opinioni, sono state come dimenticate, investite da un’onda di damnatio memoriae, che a volte è frutto solamente dei propri tempi, di altri tempi. Margherita Sarfatti è una di loro.

Soprannominata “Dittatrice della cultura italiana” per la propria militanza politica, Margherita fu una donna potente e adulata nei primi anni del Fascismo. Un’intellettuale, è stata la prima grande critica d’arte in Italia. Collezionava quadri, organizzava mostre, un suo intervento o un suo articolo potevano cambiare (in bene e in male) le sorti di un artista.
Tutto questo però viene oscurato da un “particolare”: divenne l’amante di Mussolini e la sua consigliera politica.

“Ho sempre avuto una fame insaziabile di cose belle”.

Da Venezia alla vita milanese

Nata Grassini, Margherita al bello è stata abituata fin dall’infanzia. Nata a Venezia nel 1880, crebbe in un palazzo gotico del Quattrocento sul Canal Grande, in una famiglia ricca, ebrea e colta. Acquistò il suo primo quadro ad una mostra quando aveva solo dodici anni.

Nel 1902 si trasferì a Milano con Cesare Sarfatti, affermato avvocato, anch’egli ebreo ed esponente del Partito Socialista. Margherita cominciò a frequentare, insieme al marito, il salotto di Filippo Turati.
Nel 1908 iniziò a lavorare come critica d’arte per il giornale ufficiale del partito, “L’Avanti”. Nei suoi articoli, attesissimi dagli artisti dell’epoca, traspare il suo apprezzamento per il movimento futurista. Marinetti, Sironi, Boccioni e altri pittori futuristi iniziarono a frequentare casa Sarfatti.
Ormai Margherita Sarfatti si trovava al centro della vita culturale milanese.
Nel frattempo collaborò anche con il periodico “Unione femminile”, dove scriveva articoli a favore del diritto di voto alle donne.

Mario Sironi, Ritratto di Margherita Sarfatti, 1916-17. Collezione privata, Roma

Le svolte inaspettate nella vita di Margherita

La sua vita cambia nel nel 1912, quando Benito Mussolini venne nominato direttore de “L’Avanti”. Margherita decise inizialmente di offrirgli le proprie dimissioni: sapeva bene, infatti, che l’uomo non ha alcuna passione per l’arte. Il destino volle però che tra i due si accendesse la scintilla della passione.
In apparenza i due avevano ben poco in comune: lei alto borghese, lui di umili origini, lei femminista, lui estremo maschilista. Eppure, Margherita decise di seguirlo nella sua avventura politica, diventando così anello di congiunzione tra il Fascismo e una parte della classe intellettuale del tempo.

Dopo la marcia del 1922, Mussolini si trasferì a Roma, dove poco dopo anche la donna lo seguì.
Con il passare del tempo, l’uomo iniziò a rivolgere la propria attenzione verso amanti più giovani, e a Margherita, nel 1930 ormai cinquantenne, fece sapere che la sua presenza non era più gradita.

Il dolore più grande arriverà però con l’introduzione delle leggi razziali. Margherita Sarfatti, anche se non era mai stata un’ebrea praticante e si era da tempo convertita al cattolicesimo, dovette a lasciare l’Italia nel 1938 per evitare le deportazioni.
Ritornò in Italia nel 1947 e visse nella sua villa vicino a Como ancora per quattordici anni, dove morì poco più che ottantenne nel 1961.

Rivalutazione di una personalità

La critica si è sempre dimostrata cieca nella valutazione della vita e del lavoro di Margherita Sarfatti (rimane comunque condannabile la sua complicità con il Fascismo), tanto da ridurne drasticamente l’elevata statura intellettuale.
Le cose sono però da qualche anno cambiate. I primi contributi risalgono agli anni Novanta, ma è nel decennio successivo che gli studi sulla donna hanno iniziato ad aumentare. Il picco dell’interesse è stato probabilmente raggiunto tra il 2018 e il 2019, quando il Museo del Novecento di Milano e il Mart di Rovereto le hanno dedicato una “doppia mostra”.

Massimo Mattioli, critico e giornalista, nonché autore del volume Margherita Sarfatti Più” (2019), ad un certo punto nel volume fa una riflessione. Si chiede: “Cosa sarebbe successo se un’intellettuale dalla cultura tanto vasta, di così alto spessore intellettuale, che frequentava le più affascinanti personalità culturali del tempo quando Mussolini ancora insegnava nelle scuole di provincia, non avesse mai incontrato il futuro Duce?”.
Come è noto, la storia non si fa con i se e con i ma. All’autore piace però pensare che probabilmente oggi Margherita Sarfatti sarebbe riconosciuta come una delle donne più importanti del XX secolo. Anche il suo valore di prima donna a ricoprire il ruolo di critica d’arte in senso moderno verrebbe riconosciuto. Forse sarebbe divenuta un’icona del femminismo.
Dall’altra parte, c’è chi si chiede se la sua fortuna fosse proprio dovuta alla conoscenza dell’allora uomo più importante d’Italia. Ad oggi, questa sembra stata, in realtà, più una sfortuna che un vantaggio.
Ma dato che oggi abbiamo la possibilità di rileggere il passato e dare nuovo credito alle (giuste) personalità, forse ciò è ancora possibile.

MART, Fondo Sarfatti
Caterina Costa
Caterina Costa
Bellunese a Bologna, con una passione per l’arte nata tra i banchi di scuola e proseguita tra quelli universitari. Nata nel 1996, sono laureata in Arti Visive. Sono in Sistema Critico da poco più di tre anni, non più come scrittrice ma nel dietro le quinte

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