sabato, 27 Aprile 2024

C’è ancora domani, dopodomani e tanto di più 

Un foglio bianco. Davanti a me ho solo un foglio bianco e il segno del cursore che appare e scompare dentro il silenzio delle parole. Mi ripeto che c’è ancora domani per poterne parlare, ma il silenzio è brutto quando diventa assordante. Eppure, sembra quasi impossibile cominciare a raccontare qualcosa di cui tutti parlano, una realtà che, da più di un mese (o forse una vita), è sulla bocca di tutti. Come si spiega il colore nascosto dietro il bianco e il nero? Io non ne ho idea, ma Paola Cortellesi sì, e forse anche troppo. 

C’è ancora l’Italia di tanti anni fa

Uno schiaffo che rimbomba dentro tutta la sala, talmente tanto inaspettato che colpisce persino chi è fuori dalla pellicola. Esordisce così il film della Cortellesi, in modo spietato e crudo, arrabbiato e triste, sincero e speranzoso.

Siamo nell’Italia del 1946, l’Italia del dopoguerra, quella che cercava di ricostruire la sua storia e il suo nome. In quel paese, nella periferia romana, vive una donna, Delia (Paola Cortellesi), assieme al marito Ivano (Valerio Mastandrea) e ai lori tre figli. Quella lì è un’Italia particolare, una realtà che cammina assieme alla violenza domestica e alle grandi distinzioni di genere. 

«Buongiorno amore» esclama la donna; «paf!» risponde l’uomo. È una violenza scontata, che passa inosservata; una violenza insegnata da generazioni e generazioni, come ben ci racconta il padre di Ivano, il caro nonno di famiglia (Giorgio Colangeli), vedovo di una moglie morta suicida. Delia trascorre le sue giornate umiliata e vessata, lavora qua e là per portare un po’ di denaro in casa, cucina con attenzione per paura che l’arrosto si bruci, nasconde qualche soldo dentro il suo reggiseno per regalare alla figlia l’abito da sposa. 

C’è ancora domani, regia di Paola Cortellesi

C’è ancora domani si cuce dentro il dramma di una donna, madre, badante del suocero, figlia di una borgata pasoliniana. Si intravedono persino i soldati americani che distribuiscono la cioccolata. Delia è il prodotto preconfezionato del patriarcato, un pacco ornato da un bel fiocco rosso, che nasconde un grande fiocco arcobaleno. 

C’è ancora il profumo di donna

Ma c’è tutto dentro quella pellicola sbiadita. Paola Cortellesi, con la sua regia, dipinge accuratamente una tela che abbiamo osservato una miriade di volte. È un dipinto che i libri, i film, i racconti delle nonne hanno arricchito sempre più di particolari. Una realtà discontinua, che relega (e delega) la donna a ruolo di serva e nullità. Cortellesi, però, la delinea strappando al pubblico qualche risata, quella che si definisce “amara” perché non digerita, ma proveniente direttamente dall’esofago. È quel sorriso spento e asciutto che segue un grande pianto o un grande dolore. Delia, la donna amata di Maurice Scève, sembra considerarsi lei stessa un niente, una guarnizione di cui si può tranquillamente fare a meno. Ma Delia è proprio la ciliegina sulla torta; non è solo l’idea di donna. E’ la donna.

Paola Cortellesi in C’è ancora domani, regia di Paola Cortellesi

C’è ancora domani non è solo un manifesto di un qualcosa che ha bisogno di essere manifestato, è la teorizzazione di una pratica che, forse, abbiamo dimenticato e accantonato. È un viaggio di ritorno, l’ingranaggio di un orologio che ci catapulta direttamente da dove tutto è iniziato. 

La donna che prima di essere donna è stata ragazza, bambina, neonata, oggetto. 

C’è ancora un domani che (si spera) sarà diverso

Un pugno alla stomaco. È questa la sensazione che ti invade quando cogli l’artefatto. La storia della Cortellesi cambia, si trasforma e si dirige verso un epilogo completamente inaspettato. E, quello che all’inizio sembra essere un brusco disorientamento, diviene mano a mano una rivelazione. C’è ancora domani è il film che celebra l’importanza dell’esser donna ma, soprattutto, rievoca il dove tutto è iniziato

Le strade polverose di una Roma perduta narrano la storia di una donna, la mano delicata della Cortellesi converte la singolarità in un universalismo eterno.

Se domani sono io, mamma, se domani non torno, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.

Una delle partecipanti a una manifestazione organizzata da Non Una Di Meno a Palermo il 26 agosto 2023 (Victoria Herranz/ZUMA Press Wire, ANSA)

Ma c’è ancora domani per cambiare il presente.

E il nostro domani è oggi. 

Asia Vitullo
Asia Vitullohttps://www.sistemacritico.it/
Asia Vitullo, abruzzese, classe 1997. Laureata in Filologia Moderna ad Urbino, proseguo il mio cammino tra i letterati, un po’ come il protagonista di Midnight in Paris, sorseggiando un tè e sognando la Torre Eiffel. Adoro il cinema, il teatro e gli ossimori. La mia più grande fonte di ispirazione è Pier Paolo Pasolini e vivo nella speranza di poter dare ancora una voce alle sue parole.

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