Una nuova ed eccitante polemica infiamma il nostro paese, il quale sembra non esserne mai sazio. Mi riferisco al caso del simbolo “maschilista” presentato da Grasso, leader della lista politica Liberi e Uguali. Questa è una storia le cui radici sono da ricercare ancora prima che Fazio si lasciasse scappare quella strumentalizzata uscita sulle “foglioline”. Dunque direi di gettarci a pesce nella polemica e sguazzarci con passione, cercando di comprendere se questa possa essere l’ennesima protesta femminista che nulla dovrebbe avere a che fare con il femminismo.
Quattro fanti e nessuna donna
Questa foto, per Liberi e Uguali ormai divenuta emblematica e simbolo di un complicato lavoro di unione per nulla scontato, mostra i quattro principali leader della sinistra esterna al PD, rei di un grave crimine: nessuno di loro è donna. Poco importa che tra loro ci siano alcuni dei politici più progressisti e femministi d’Italia, che di certo non hanno vietato a nessuna figura politica femminile di partecipare: questo resta un segno, a detta di qualcuno, di chiusura verso le donne. Ma se la scena politica non offre nessuna valida candidata, cosa dovrebbero fare i dirigenti di MdP, Possibile e SI? Chiedere alla Meloni di unirsi al gruppo? Alla Raggi? Oppure inserire le quote rosa anche nella dirigenza politica? L’unica possibilità concreta di cambiare le carte in tavola poteva essere, forse, incarnata dall’Onorevole Laura Boldrini, la quale per prima ha scelto di non volersi schierare (al momento).
Dunque? Di cosa si sta parlando? Ah, giusto… il nome del simbolo è declinato al maschile. Esattamente come la lingua italiana prevede in questi casi per i plurali. Ora, si può anche stare a disquisire tutto il giorno sul fatto che la nostra lingua sia frutto di un retaggio maschilista, va bene. Ciò non toglie che “Liberi e Uguali” (nome che trovo alquanto debole, tra parentesi) non sia divisivo, né implichi in qualche modo di volersi battere meno per la parità di genere. Ma, conoscendo la propensione alla polemica che c’è in Italia, anche qualcuno avesse proposto il nome “Liberi, Libere e Uguali”, a dispetto della cacofonia evidente, qualcun altro avrebbe facilmente recriminato sul fatto che il maschile fosse venuto prima del femminile, poco ma sicuro…
Foglioline
Ma veniamo ora alla questione veramente “spinosa”: le foglioline. Come avrete notato dall’immagine, sul simbolo sono presenti delle sorte di virgolette poste a decorare la “i”, in modo da renderla contemporaneamente una “e”. Ironia della sorte: questa scelta è dovuta proprio alla volontà di inviare un chiaro messaggio paritario, ovvero che quel “liberi”, per quanto declinato al maschile, possa essere inteso ANCHE come un “libere”, grazie alla fusione del vocabolo con la congiunzione. Questo a testimonianza dell’ovvia volontà di aprirsi il più possibile alle donne e di fare della parità di genere un cavallo di battaglia. E, aggiungo io, evitare ulteriori sterili polemiche. Missione fallita. Non ci si è infatti concentrati sul messaggio che il simbolo voleva trasmettere, ma su una considerazione di Fabio Fazio, che durante la trasmissione “Che Tempo che Fa”, ha definito come “foglioline” i segni grafici atti ad unire le due lettere. Ma questo non perché Fazio o Grasso considerino (come parrebbe sostenere Lorella Zanardo de Il Fatto Quotidiano) le donne delle foglioline, qualsiasi cosa questo possa significare, ma solo ed esclusivamente perché il disegno poteva effettivamente ricordare delle foglie. Nulla di più, nulla di meno.
L’articolo in questione (https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/12/11/liberi-e-uguali-se-per-la-sinistra-le-donne-sono-solo-foglioline/4031232/) pone l’accento sul fatto che ci sia dimenticati delle donne, in qualche modo escluse dalla sinistra, e definisce misogino e retrogrado il simbolo, quando questo (e qui la cosa si davvero ironica) è nato proprio per cercare di venire in contro alle nuove istanze avanzate dalla femministe più intransigenti. Ma allora io mi chiedo: in quale simbolo o nome di quale forza politica le donne hanno un rilievo che in “Liberi e Uguali” non hanno? Soprattutto, è davvero questa il massimo della critica che si può muovere verso questa nuova forza politica (oltre all’ormai consolidato “così favorite la destra”)?
Donne e politica
Ora vorrei tornare serio per un minuto e concedermi un paio di considerazioni personali da ragazzo da sempre schierato per la parità dei sessi. La politica ha bisogno delle donne, ed in parte il traguardo è stato raggiunto. Alcune delle più alte cariche dello stato sono donne, così come donne sono i leader di alcuni partiti o movimenti, e lo sono anche figure di rilievo all’interno della compagine di governo. Questo è positivo perché dimostra un lento quanto progressivo mutamento di mentalità, e che il mondo si sta aprendo. Tuttavia credo fortemente che la strada per la parità non si ottenga con quote rosa o polemiche sterili sul numero di dirigenti di genere femminile in un partito.
Sarebbe bello avere un Presidente della Repubblica donna? Che dire… certo, ma solo perché sarebbe un sintomo di una mentalità in divenire e capace di superare i preconcetti, non perché ci sia nulla di virtuoso in sé nel fatto che una donna piuttosto che un uomo ricopra una carica di potere. La vera parità sarà raggiunta, a mio modesto parere, non tanto quando le donne avranno ottenuto lo stesso numero di banchi in parlamento rispetto agli uomini, ma quando semplicemente smetteremo di contarle.
Sapete cosa mi piacerebbe davvero vedere, anche più di un Capo di Stato donna? Un mondo in cui un Capo di Stato donna non desti più stupore, meraviglia o gioia. Ovvero quando verrà considerato normale.