Al di là delle retoriche da campagna elettorale permanente del “è il governo dei cittadini” o “non è un’alleanza ma un contratto di governo” l’apporto innovativo del metodo seguito per formare il governo è evidente. Oltre la politica dei due forni di democristiana memoria e il mito dell’unità della coalizione, Lega e 5 Stelle hanno davvero rinnovato e cambiato il modo di far politica.
I TEMI PRIMA DELLE PERSONE
La strategia seguita è stata quella di privilegiare i temi rispetto alla spartizione dei ministeri, per una volta sono stati messi in evidenza prima i contenuti delle tanto odiate poltrone. Non che la trattativa non abbia riguardato anche queste ultime, sia chiaro, ma almeno pare abbia seguito cronologicamente quella sui vari punti del programma di governo.
E’ una rivoluzione che cerca di aumentare il sex appeal della politica, aspirando a smentire l’idea che essa sia solo spartizione di potere e accordi sottobanco.
Solo il tempo potrà mostrarci se i temi vinceranno sulle possibili contraddizioni intrinseche a questo modo di far politica. Sarà interessante osservare come Giuseppe Conte, il Premier scelto da Di Maio e Salvini, si adopererà per l’attuazione di un programma di governo che non ha scritto e che non ha neanche concorso a formare. Come riuscirà a mantenere l’unità di indirizzo politico del governo senza aver mai fatto politica.
IL CONTRATTO DI GOVERNO
Un’altra innovazione introdotta è la firma del contratto di governo, contratto che dubito abbia la ben che minima valenza giuridica ma dall’alto significato politico. Non una generica alleanza senza capo ne coda, ma un accordo in cui sono fissati gli obiettivi comuni da raggiungere. Un’intesa limitata ai punti indicati nel contratto che servirà per valutare nero su bianco alla fine della legislatura quali siano stati gli obiettivi raggiunti e quali quelli traditi.
Anche in questo caso solo il tempo ci dirà se il contratto verrà rispettato o se rimarrà “aria fritta”, se inaugurerà un nuovo modo di far politica più limpido e trasparente o sarà solo un escamotage propagandistico.
LA PAROLA AGLI ISCRITTI
La trattativa di governo si conclude con l’appello agli iscritti dei due partiti: i 5 stelle sulla piattaforma di democrazia diretta digitale Rousseau e i leghisti ai gazebo di partito. Il potere decisionale ritorna quindi ai militanti di lega e 5 stelle che possono esprimersi sull’accordo trovato dai loro rappresentanti. Anche questo mai era accaduto prima nella storia repubblicana.
La consultazione ha un suo senso dal momento che alle elezioni pochi avrebbero potuto immaginare un governo giallo-verde. Giusto e doveroso consultare l’anima dei propri partiti, in una gestione della fase condivisa con la propria base.
Eppure il voto sull’accordo di governo più che un momento genuino di partecipazione democratica rischia di trasformarsi in un plebiscito. Il voto ravvicinato alla conclusione del contratto di governo non permette agli iscritti di informarsi sul suo contenuto, di leggere il programma che si è dato il nuovo governo e di operare una scelta consapevole. Ecco che un momento di partecipazione si trasforma in un atto di fiducia verso il proprio capo, in una mera ratifica di decisioni già prese (come sempre) dall’alto.
Alessandro Fabbri
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