sabato, 27 Aprile 2024

Le nuove leve dei BRICS: un allargamento problematico

Tra gli acronimi più citati dagli economisti del nuovo millennio, i BRICS hanno deciso di espandersi includendo sei nuovi paesi. A partire dal 1° gennaio 2024, a Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica si uniranno Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Etiopia e Argentina. Le reazioni a tale annuncio sono state di vario tipo. Alcuni l’hanno visto come un rilancio di questo blocco geopolitico nel ruolo di punto di riferimento per tutti i paesi in via di sviluppo, addirittura indicando i BRICS come eredi diretti della Conferenza afroasiatica di Bandung del 1955, quando per la prima volta i rappresentanti del cosiddetto “Terzo mondo” si erano riuniti smarcandosi dalle influenze occidentali e sovietiche.

Tuttavia, questo storico allargamento dei BRICS ha generato non poche perplessità. Infatti, se già i fondatori del gruppo presentavano più differenze che similarità tra loro, ora i nuovi membri rischiano di aggiungere ulteriore eterogeneità e dunque incertezza su quale potrà essere il ruolo di questo forum nelle dinamiche globali future.

I BRICS: i nuovi attori globali

Inizialmente, la sigla “BRIC” era stata concepita nel 2001 da un economista della Goldman Sachs, Jim O’Neill, per indicare quattro economie in rapida crescita, ossia Brasile, Russia, India e Cina. Secondo O’Neill, gli investitori internazionali avrebbero dovuto tenere d’occhio questi quattro colossi demografici, destinati a diventare le prossime potenze economiche internazionali. Insieme occupano circa un quarto delle terre emerse e la loro popolazione comprende più di tre miliardi di persone. Dotati di enormi disponibilità di risorse naturali (tra cui le molto discusse terre rare) e di dati sulla crescita notevoli, i BRIC sono stati identificati come un tassello fondamentale per l’economia globale che avrebbe ottenuto sempre più rilevanza in futuro.

A partire dal 2009, il concetto di BRIC si è poi evoluto sul piano diplomatico, con i leader politici dei quattro paesi che hanno preso a riunirsi annualmente. Avendo stabilito una presidenza a rotazione annuale, i BRIC si sono gradualmente stabilizzati formando un nuovo blocco geopolitico. Una prima espansione è avvenuta nel 2011 con l’ingresso del Sudafrica, momento in cui si è passati alla denominazione attuale, ossia “BRICS”.

Nel frattempo, i BRICS hanno iniziato ad attirare l’attenzione di altri paesi emergenti o in via di sviluppo. Questi vedono il club dei cinque come una nuova possibile alternativa all’ordine economico internazionale con alla guida i paesi del G7. Infatti, tra gli obiettivi dei BRICS vi è la promozione delle realtà in via di sviluppo, il coordinamento delle proprie politiche commerciali e soprattutto la creazione di un mondo “multipolare”. Questo passerebbe anche dalla de-dollarizzazione dell’economia globale e più recentemente attraverso la proposta ambiziosa del presidente brasiliano Lula di una nuova valuta comune ai BRICS.

Il 15° summit dei BRICS a Johannesburg: al via le nuove ammissioni

Tra il 22 e il 24 agosto i leader dei BRICS si sono riuniti a Johannesburg assieme ai rappresentanti di altri 67 paesi interessati all’adesione. Al centro dell’agenda vi erano proprio le discussioni sull’allargamento del blocco, che alla fine il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha confermato dando il benvenuto a sei nuove economie.

Tra i nuovi membri dei BRICS, che ora dovranno pensare a un nuovo nome per il blocco, ci sono paesi molto dissimili tra loro, se non vicendevolmente ostili. Si parte con l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e l’Iran, tre potenze petrolifere essenziali per l’economia globale. La loro adesione farà schizzare al 43% la quota di produzione di petrolio controllata dai BRICS. Ciononostante, Arabia Saudita e Iran conducono da anni una vera e propria “guerra fredda” in Medio Oriente. Sebbene i toni tra Teheran e Riyad si siano recentemente riappacificati con la mediazione della Cina, le reale tenuta di questa détente è ancora da verificare.

Dal continente africano si affiancheranno ai BRICS Etiopia ed Egitto, due paesi in piena crescita demografica ed economicamente sempre più rilevanti. L’Egitto è la seconda economia del continente dopo il Sudafrica, anche se la sua crescita è instabile, dipendente dai prestiti dell’FMI e appena in una lenta fase di recupero da una profonda recessione causata dall’invasione russa in Ucraina. Dal canto suo, l’Etiopia è tra le economie non dipendenti dal petrolio con il maggiore tasso di crescita al mondo. Tuttavia, ancora oggi l’Etiopia è dilaniata da un grave conflitto nel nord del paese e dalla povertà che riguarda ampie fasce della popolazione. Inoltre, la costruzione della Grande Diga del Rinascimento Etiope sul Nilo azzurro ha provocato un’accesa disputa tra Etiopia ed Egitto, tensioni che secondo molti potranno sfociare in un conflitto aperto in futuro.

Nonostante la sua iniziale reticenza sull’espansione dei BRICS, il presidente brasiliano Lula avrebbe poi spinto per l’adesione dell’Argentina, paese già membro del MERCOSUR e dunque non nuova a legarsi al Brasile nelle sue avventure extraregionali. Dunque, per il paese sudamericano si tratterà sicuramente di una nuova opportunità per tornare sullo scenario internazionale. Tuttavia, non si sa quale potrà essere il suo apporto nei BRICS, con un’economia perennemente fragile tra la grave inflazione e le criticità nel ripagare i prestiti concessi dall’FMI.

Proprio in relazione alla fragilità economica di alcune nuove leve dei BRICS, l’idea della sostituzione del dollaro nelle transazioni internazionali con una nuova valuta tenuta in piedi da paesi cronicamente in default non è al momento immaginabile. “Voi adottereste, in sostituzione del dollaro, una nuova moneta che ha l’Argentina tra i suoi soci fondatori?” ironizza Federico Rampini sul Corriere della Sera, facendo notare come addirittura il candidato favorito per le prossime elezioni presidenziali argentine, Javier Milei, ha tra le sue proposte proprio la sostituzione della valuta locale con il dollaro statunitense.

L’espansione dei BRICS (Fonte: visualcapitalist.com)

Coesione interna e un nuovo palco per Cina e Russia

Già prima dell’allargamento, molti osservatori hanno fatto notare vari problemi di fondo nei BRICS. In primo luogo, a minare la sua tenuta interna è chiaramente la competizione tra i due giganti asiatici, India e Cina. Non solo cercano di acquisire più influenza sullo scacchiere globale escludendosi a vicenda, ma al confine tra questi due paesi le tensioni restano alte, visti gli scontri occasionali tra i rispettivi eserciti. Dal canto suo, il Brasile non è disposto ad avvicinarsi troppo agli altri BRICS e così mettere a repentaglio le relazioni con gli Stati Uniti e l’Occidente.

Inoltre, è chiaro il prevalere di Pechino sull’intero blocco. Il PIL della Cina rappresenta più della metà del totale dei cinque BRICS e il suo ruolo nel commercio e negli investimenti in Africa e America Latina sbilancia il rapporto di forze a favore di essa. Va da sé, i nuovi arrivati sono tutti paesi che negli ultimi anni hanno stretto rapporti commerciali e diplomatici sempre più stretti con Pechino.

A emergere sono tuttavia le diverse motivazioni dietro all’allargamento. È palese come Cina e Russia lo abbiano inteso come un mezzo per ampliare il fronte anti-occidentale, volto a riformare l’assetto istituzionale ed economico internazionale. Al contrario, il Brasile di Lula e l’India di Modi si sono dimostrati più cauti, pensando ai BRICS in termini non conflittuali con il G7 e temendo che l’allargamento potesse diluire il peso globale dei cinque paesi membri originari.

In aggiunta, a dimostrazione della deriva “politicizzata” verso Mosca e Pechino vi è l’interesse di vari paesi tendenzialmente ostili all’Occidente a unirsi al blocco. Infatti, oltre all’Iran che sarà tra un membro dei BRICS a partire dal 2024, anche paesi come Venezuela, Cuba, Bolivia e Bielorussia hanno espresso la volontà di diventare membri, attratti dall’alternativa anti-occidentale o “anti-egemonica” offerta da Russia e Cina.

Il futuro dei BRICS+6

Quale sarà il futuro dei BRICS viste queste premesse? A delinearsi è un’evoluzione dei BRICS per cui da un blocco che riuniva quattro economie tra le più promettenti e dinamiche del momento, accomunate da una demografia esplosiva e un’immensa disponibilità di risorse naturali, si passerà a una coalizione di paesi revisionisti dell’ordine economico globale. In altri termini una mera estensione della politica estera di Russia e Cina.

In particolare, sarà importante osservare quale percorso seguirà la Cina, se continuerà con il suo avvicinamento alla Russia, ormai in aperto confronto con l’ordine liberale, e se ciò continuerà a influenzare le scelte degli paesi membri e la natura stessa dell’organizzazione. Ma soprattutto, per l’India e il Brasile la partecipazione ai BRICS probabilmente sarà sempre più insostenibile davanti alle mosse di Russia e Cina. Il Brasile sa benissimo che è un azzardo legarsi a doppio filo a Mosca e Pechino nelle loro peripezie globali; l’India, invece, non può tollerare la rivalità militare ed economica con la Cina, come dimostra il recente accordo Quad in funzione anticinese tra India, Australia, Giappone e Stati Uniti.

Per quanto riguarda i BRICS+6, con l’aggiunta di nuovi membri essi rischiano di incamerare nel loro blocco geopolitico nuovi attriti e nuove situazioni di fragilità. Intanto, il mondo guarda con curiosità e anche apprensione questo cambiamento storico in un’organizzazione i cui membri presentano interessi diversi e contrastanti. Tra le sue fila conviveranno monarchie assolute, oligarchie, autocrazie e teocrazie, assieme ad alcune tra le democrazie più popolose al mondo. Ma al momento i BRICS sembrano determinati a creare un fronte compatto, usando come rimedio alle diversità l’apertura a nuovi Stati del Sud Globale, mirando ad assumerne il ruolo di portavoce. Solo il tempo dirà se tale strategia potrà funzionare.

Massimiliano Marra
Massimiliano Marrahttps://www.sistemacritico.it/
Di radici italo-cilene ma luganese di nascita, attualmente studio economia e politiche internazionali all’Università della Svizzera Italiana e mi interesso di storia e relazioni internazionali con un occhio di riguardo ai contesti extraeuropei. Nel tempo libero suono il basso elettrico e vado in burn out di musica.

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