Un’opera più che mai attuale
Nel lontano 1949, quando George Orwell pubblicò Nineteen Eighty-Four, destinato a divenire, assieme a La fattoria degli animali, uno dei suoi romanzi più famosi, si era da poco concluso il Secondo Conflitto Mondiale e il ricordo delle tragedie causate dalla pazzia umana, incarnata dai grandi regimi totalitari, era ancora vivo. Proprio per questo motivo, nel corso degli anni, l’opera ebbe un’enorme successo e finì per entrare nell’immaginario collettivo, diventando forse il romanzo distopico per eccellenza.
E fu proprio nel 1984 che Sonia Brownell, vedova dello scrittore, diede il suo assenso alla realizzazione di una trasposizione cinematografica, che sarebbe stata prodotta dalla Virgin Film e diretta da Michael Radford. La pellicola si basa sul concetto della “fedeltà assoluta” al materiale cartaceo, tanto che alcune scene furono realizzate negli stessi luoghi e nello stesso giorno in cui sono ambientate nel romanzo.
Il Mondo è stato sconvolto dalle guerre ed è diviso in tre grandi superpotenze totalitarie in perenne conflitto fra loro: Oceania, Eurasia ed Estasia. La storia si apre in una Londra divenuta la capitale di Oceania e dominata dal Grande Fratello, un dittatore lontano e intangibile che sorveglia i propri cittadini grazie a dei teleschermi sparsi per tutta la città.
Alla base della Politica dell’onnipotente Partito Unico (The Party) che governa Oceania ci sono i princìpi del Socialismo Inglese (IngSoc). Lo stato esercita sulla popolazione un controllo serrato, punendo chiunque osi esprimere un’opinione diversa dal Bispensiero (Doublethink) tramite la Psicopolizia (Thought Police). Lo stesso idioma inglese è andato incontro a una semplificazione volta a rendere più difficile la comunicazione fra i singoli individui e ha portato alla comparsa della Neolingua (New Speak).
È in questo contesto spaventoso che incontriamo per la prima volta il protagonista Wiston Smith. Interpretato da John Hurt, è un impiegato del cosiddetto Ministero della Verità e ha il compito di correggere i comunicati emessi dal Governo in passato, in modo da renderli conformi alla realtà giornaliera, aumentando ancora di più il mito dell’Infallibilità del regime. Egli però mal sopporta questa sua condizione e, un giorno, decide di iniziare a scrivere un diario, commettendo uno degli psicoreati più gravi.
La sua vita, fino a quel momento monotona, cambia in maniera radicale quando, durante la manifestazione Due Minuti di Odio, rivolta verso un oppositore del regime, incontra una ragazza di nome Julia con cui, dopo un’iniziale diffidenza, inizia una relazione clandestina. Per evitare di essere scoperti durante i propri incontri, decidono di vedersi all’interno di una casa situata nei quartieri riservati alla classe operaia, detta Prolet, ed entrano a far parte di un’associazione segreta che mira a contrastare il governo. La loro nuova vita sembra procedere per il meglio, ma il tradimento riesce a farsi strada anche fra le file dei ribelli e la psicopolizia allunga come una piovra i propri tentacoli, catturandoli entrambi. Sia Wiston, che Julia vengono sottoposti a un terrificante trattamento riabilitativo, alla fine del quale sono “guariti” e riallineati.
Alcuni mesi più tardi, ritroviamo un protagonista profondamente cambiato, seduto a un tavolo di un bar, dove incontra Julia per la prima volta dopo la riabilitazione. Durante la prigionia, nonostante ognuno abbia inizialmente provato a proteggere l’altro, le torture messe in atto dai loro carcerieri hanno avuto successo e li hanno spinti a tradirsi a vicenda. Poco dopo, il telegiornale propagandistico diffonde la notizia della vittoria degli eserciti di Oceania su quelli eurasiani in Africa, sicché Wiston rivolge il proprio sguardo pieno di ammirazione verso un’immagine che raffigura il Grande Fratello e sussurra le parole Ti amo, che aveva spesso detto a Julia. Il film si chiude con un primo piano del suo viso, sovrastato dal volto del dittatore, e in sottofondo è possibile udire il brano Party Rally, caratterizzato da una melodia che ricorda molto l’inno sovietico.
Una realtà, quella di 1984, che sotto certi aspetti si è rivelata profetica. Sarebbe infatti difficile non trovare un punto di contatto fra il mondo distopico concepito da Orwell e trasposto in immagini da Michael Radford e il nostro, dove, anche grazie all’uso improprio degli strumenti di informazione, ognuno di noi è spinto a credere a qualsiasi cosa venga detta, sia essa falsa o veritiera. E sarebbe anche difficile non accostare i Teleschermi (Telescreen), attraverso cui il Partito sorveglia capillarmente la popolazione e diffonde la propaganda, alle nostre reti sociali, che vengono fin troppo spesso usate per scopi ben diversi da quelli dichiarati.
Persino il New Speak trova corrispondenza, se si pensa alla semplificazione e all’impoverimento lessicale in cui sono incappate lingue come l’Italiano e non solo. E in ultimo verrebbe anche spontaneo porsi un’altra domanda: “Potrà mai esistere un Mondo in cui sia possibile essere davvero liberi?”. Molte persone oggi affermano che nella nostra era, l’era della Democrazia, la Libertà dell’Individuo sia un dato di fatto, eppure, osservando attentamente certi avvenimenti, questa certezza inizia a vacillare. In merito a ciò mi viene in mente una frase pronunciata da Aldous Leonard Huxley, altro grande scrittore distopico, il quale, durante un discorso tenuto nel 1961 presso la California Medical School di San Francisco, affermò: “Ci sarà in una delle prossime generazioni un metodo farmacologico per far amare alle persone la loro condizione di servi e quindi produrre dittature, come dire, senza lacrime; una sorta di campo di concentramento indolore per intere società, in cui le persone saranno private di fatto delle loro libertà, ma ne saranno piuttosto felici”.
Piermarco Paci Fumelli