venerdì, 04 Ottobre 2024

Una vittoria istituzionale per il movimento Body Positive?

Un traguardo per il movimento Body Positive in Norvegia?

Il 2 giugno, in Norvegia, è stata approvata a maggioranza assoluta dal Parlamento una legge che vieterà la pubblicazione di immagini ritoccate a scopo pubblicitario, a meno che queste non siano contrassegnate da un logo apposito ideato dallo Stato. 72 voti favorevoli, 15 contrari e 79 astenuti.
Dovranno anche essere esplicitamente dichiarate le modifiche eseguite sulle foto: dall’utilizzo di filtri, alle correzioni della pelle, fino al ritocco di specifiche aree del corpo e così via.

Il padre di questa legge, il ministro per l’infanzia e la famiglia Kjell Ingolf Ropstad, ha dichiarato che l’intento di questa legge è, in primis, il disincentivo al ritocco delle foto una volta per tutte.

In Norvegia negli ultimi anni c’è stato un preoccupante peggioramento nella salute mentale dei più giovani. Ad oggi sono 70.000, tra ragazzi e bambini, coloro che soffrono di disturbi mentali nella penisola.
Questa legge, che entrerà in vigore non appena sarà ufficialmente approvata dal Re Harald V, vuole alleviare la kroppspress, ossia la “pressione sull’aspetto fisico”, che minaccia la salute mentale dei più giovani.

«Si spera che la misura dia un contributo utile e significativo per arginare l’impatto negativo che tale pubblicità ha in particolare sui bambini e sui giovani».

I più ottimisti penseranno che si tratti di una vittoria istituzionale per il movimento Body Positive. Tuttavia, il ministro Ropstad ha ammesso in un’intervista che si tratta di un tentativo, privo di presunzione, che non si illude di risolvere il problema di insicurezza e pressione sociale sull’aspetto fisico dilagante.

Analizziamo le controversie che questa legge solleva .

Soft spots

La prima ambiguità riguarda gli odierni software, a causa dei quali le foto ritoccate sono difficilmente riconoscibili, in quanto alle spalle hanno il lavoro di esperti.
Siamo quindi in grado di riuscire ad identificare una foto ritoccata e di conseguenza punire chi l’ha pubblicata?
In caso di approvazione, la legge norvegese prevede pesanti multe che possono spingersi anche fino alla reclusione.
Decisioni così aspre nascono dal fatto che pubblicare foto ritoccate può generare insicurezza, che a sua volta può degenerare in disturbi mentali e alimentari, come sostiene il Parlamento norvegese.

Parlando di social, quanto dovrebbe essere ritenuto colpevole un influencer piuttosto che un altro? Forse in base al numero delle persone che gli danno seguito? O al grado di manipolazione dei contenuti?
Sono tutte domande che sorgono spontanee, ma a cui è molto difficile dare una risposta.
Il movimento Body Positive sarà soddisfatto dai risultati di questa solo apparente vittoria? Essendo una questione talvolta impercettibile, è difficile orientarsi.

Questa legge può essere una strategia efficace?

Indubbiamente questa legge è un atto forte, ma se non se ne traggono delle linee guida chiare, forse resterà solo come un “bel tentativo”.
Se questa legge ha il supporto del movimento Body Positive, per cui ogni corpo e ogni volto sono belli così in quanto unici, anche con i loro difetti, avrà però anche il supporto di chi usa i social per lavoro?
Oramai, noi tutti sappiamo che le immagini che hanno, per esempio, lo scopo di vendere e pubblicizzare un prodotto sono ben lontane dall’essere reali. Eppure lo accettiamo poiché rientrano nelle regole del gioco del commercio e della pubblicità.
Possiamo quindi veramente biasimare chi ritocca delle foto allo scopo di renderle più appetibili per il pubblico social?

Dove tracciare la linea?

Forse può essere tracciata tra la vendita e il mero racconto social della propria quotidianità, anche se ad oggi anche la vita privata di una persona può diventare fonte di intrattenimento.
Dall’altro lato, chi naviga sui social e si imbatte continuamente in immagini di corpi e volti irrealisticamente ideali e “perfetti” potrebbe attivare un meccanismo di invidia, di autocommiserazione e insicurezza.
Questa è la categoria di persone che il movimento Body Positive vuole tutelare di più e questa legge dovrebbe essere una vittoria.

Non tutti però siamo affetti allo stesso modo dalle immagini cui siamo esposti. Qualcuno potrebbe rimanere indifferenti a questi stimoli esterni, oppure, realizzare lucidamente che, trattandosi di contenuti irrealistici, non abbia senso paragonarcisi.
I più scettici, poi, potrebbero ribattere che siamo semplicemente liberi di smettere di seguire qualsiasi pagina o personalità che ci faccia sentire in qualche modo inadeguati, con un solo click. Lontano dagli occhi lontano dal cuore.

Siamo davvero “liberi” di allontanarci dall’influenza social?

Soprattutto considerando che ad oggi molte persone lavorano o hanno contatti lavorativi o personali su varie piattaforme virtuali, è davvero possibile astrarsi completamente dai suddetti contenuti?
E poi con l’attivazione di questa legge, cosa dovremmo aspettarci dalle riviste, dai manifesti, dalle sfilate?
Se questa legge vale unicamente per i social, potremmo dire che il problema esce dalla porta e rientra dalla finestra ad ogni chance.
Ammettendo che il problema di fondo sia la divulgazione di immagini che propinano standard di bellezza e fisicità irrealizzabili (senza dichiararlo), c’è una grande differenza con le immagini pubblicate su qualsiasi altro magazine?
O addirittura, vi è una grande differenza con il corpo di una qualsiasi persona, che dedica la sua vita al raggiungimento di un ideale estetico “perfetto”, magari con l’ausilio di chirurgia estetica, cammina per strada senza averlo scritto su un cartellone?

È giusto porre il focus sugli “influencers” piuttosto che sui “followers”?

Sicuramente i numeri giocano a vantaggio della legge, la quale si focalizza soprattutto sugli “influencers”. Tuttavia, per risolvere il problema alla radice forse si dovrebbe almeno ipotizzare di rendere l’altra faccia della medaglia partecipe attivamente.
Se la diffusione di immagini ritoccate che propinano ideali estetici irraggiungibili causa un problema sociale, è sicuramente bene limitarla e regolarla.
Tuttavia, se la risposta del pubblico è così allarmante da necessitare l’introduzione di una legge, forse sarebbe bene considerare il livello globale di autostima e fragilità della popolazione. Sarebbe meglio domandarsi se l’origine stia solo nella visione delle suddette immagini, e pensare, quindi, a dei metodi di prevenzione.
La legge sembra piuttosto un “tagliare la testa al toro”: positiva sì, ma indifferente alle radici di un disagio fisico e mentale collettivo.

Possiamo quindi considerarla davvero una vittoria per il movimento Body Positive? O solo un primo passo?
Sebbene l’intenzione sia eticamente condivisibile, i dubbi e i limiti sono molti; avremo però l’occasione di studiare l’andamento del modello norvegese e prenderlo in considerazione per il futuro prossimo.

Sofia Hadjichristidis
Sofia Hadjichristidishttps://www.sistemacritico.it/
talo-greca, attualmente studio scienze politiche e sociali internazionali per poter giudicare e commentare l'attualità con cognizione di causa, arrabbiarmi solo quando ne vale la pena e fare bella figura alle cene. Più volte volontaria, ho molte cause a cuore per cui scendo in campo, dato che fortunatamente esiste il multi-tasking. Spugna di natura, avendo trascorso la mia infanzia nel Regno Unito, un anno ad Atene e l'adolescenza a Milano, può darsi che il mio slang ti lasci perplesso, ma sarò felice di spiegartelo.

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