martedì, 23 Aprile 2024

Il fu DDL Zan: necessario ma insufficiente

Stato liberale

In uno Stato dove i cittadini hanno la volontà di tutelare al meglio gli interessi della società, dove si vogliono conservare le tradizioni e dove si tende al progresso, le scelte migliori da compiere a livello politico devono essere ponderate e volte a lungo termine.

Con il passare degli anni si è visto quanto le scelte populiste per creare consenso e fornire soluzioni brevi, facili e immediate, non abbiano portato altro che ulteriori problemi.

In uno Stato liberale come l’Italia, l’obiettivo primario è la tutela delle libertà e dei diritti inviolabili dei cittadini, è necessario che la legge assicuri tali libertà dando primaria importanza ai doveri.

Questo obiettivo arduo ma necessario se l’è posto il DDL Zan per tutelare i membri della comunità LGBTQ+.

Art. 1 DDL Zan

Nelle definizioni viene sottolineato il principio di tassatività della legge per il quale è necessario definire al dettaglio ogni elemento di materia dell’ordinamento giuridico.

Dando definizioni non si mina la libertà dell’individuo rinchiudendolo in una sorta di gabbia, ma al contrario si tutela l’esistenza di quel determinato elemento.

Sarebbe d’aiuto, per interpretare al meglio il testo emanato dal legislatore, una pertinenza ufficiale a livello scientifico-medico a ciò a cui le definizioni si riferiscono, per limitare qualsiasi dubbio.

Artt. 2,3,5 e 6

Gli articoli 2, 3 e 6 del disegno di legge sono forse alcuni dei punti focali del problema e si pongono l’obiettivo di modificare gli articoli 604 bis e ter c.p., e l’art. 90 quater c.p.p. per includere le categorie discriminate in base al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alla disabilità. Sono alcune delle disposizioni scritte meglio facendo riferimento ad articoli del codice penale e al codice di procedura penale già esistenti, che sottolineano essi stessi la necessaria presenza di un reato di pericolo concreto e gli elementi a esso connessi.

Ruolo analogo è stato riservato all’articolo 5 del disegno di legge in relazione al D.L. 122/1993.

Art. 4 DDL Zan

Il quarto articolo si occupa del pluralismo delle idee e della libertà delle scelte.

Solitamente la mera intenzione non andrebbe sanzionata, mentre lo sarebbe l’azione effettivamente svolta con pregiudizio di un bene protetto.
La Corte ha ritenuto legittimamente punibile l’istigazione a delinquere in quanto non semplice manifestazione di pensiero ma incitazione all’azione criminosa (art. 414.1 c.p.).
Questo articolo ha suscitato innumerevoli dissapori soprattutto a seguito della Nota Verbale del Vaticano, atto completamente legittimo e non vincolante per lo Stato italiano.

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha replicato: “Il nostro è uno Stato laico, il parlamento è libero. Il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per verificare che le nostre leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali (secondo il principio “pacta sunt servanda”), tra cui il Concordato con la Chiesa. La laicità non è indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso, è tutela del pluralismo e della diversità”.

Non è da sottovalutare le delicatezza degli impegni presi a livello internazionale e la Nota Verbale del Vaticano è stata fondamentale. Non è un memorandum rilasciato dalla Chiesa per influenzare le scelte del Parlamento italiano bensì per ricordare gli accordi stretti tra i due Stati, avendo i trattati internazionali la stessa importanza delle leggi ordinarie.

A tutela della libera espressione di ciascun individuo si pone l’art. 21.1 Cost.: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

Art. 7 DDL Zan

L’articolo 7 al comma 1 recita: “La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione”.

Tralasciando l’errore linguistico, in quanto con “omofobia” si intende l’odio volto contro persone dello stesso sesso e quindi tale nome include anche la “lesbofobia”, anche questo articolo ha suscitato dubbi non indifferenti.

Nel caso in cui, come ci si auspica, non si volesse trattare il tema per ottenere consenso ma per tutelare i reali interessi e libertà dei membri della comunità LGBTQ+, è necessario ponderare le scelte.
Il principale dubbio nasce dal fatto che fino a una certa età dove non si ha la completa cognizione del proprio sesso, non è semplice parlare di queste tematiche.

Certo, è necessario educare fin dalla tenera età al rispetto reciproco, ma questo dovrebbe già essere presente in uno Stato liberale e nelle scuole senza la necessaria istituzione di una giornata apposita. Un buon compromesso potrebbe essere la presenza di progetti strutturati e svolti da esperti, che sanno trattare delicatamente la materia nel rispetto di chi si sente appartenente a qualche categoria della comunità LGBTQ+, rivolti a ragazzi e adulti da una minima e determinata fascia di età.

Artt. 8,9,10 DDL Zan

Gli ultimi articoli disciplinano rispettivamente la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere (art. 8), il sostegno alle vittime nei centri contro le discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere (art. 9) e le statistiche sulle discriminazioni e sulla violenza (art. 10).

DDL insufficiente

Come anticipato a inizio articolo, le leggi poste in essere dovrebbero tendere al quanto più completo approccio al problema o novità di specie fornendo reali soluzioni a lungo termine.

Uno dei tanti temi non toccati è quello delle unioni civili e delle convivenze.

I due istituti, disciplinati nella L. 76/2016 (cd. Legge Cirinnà), sarebbero potuti essere modificati in questa occasione. Nelle unioni civili poteva essere integrato espressamente l’obbligo di fedeltà e collaborazione tra le due parti.

Un problema legato al matrimonio potrebbe riguardare le coppie composte da persone di genere diverso ma dove una o entrambe le parti sono asessuali. La mancata consumazione del matrimonio costituisce, infatti, una causa di divorzio o di annullamento del matrimonio civile ed una causa di nullità del matrimonio concordatario.

Questi sono solo alcuni degli esempi di possibili ulteriori modifiche necessarie a tutelare a 360 gradi gli individui.

Integrazione: due differenti approcci

Sicuramente l’urgenza sta nel far comprendere alla cittadinanza che non esistono distinzioni di colore della pelle, di abilità, di credo religioso, di orientamento sessuale o linguistiche.

Sono nati quindi due approcci tra chi ha a cuore la vera inclusività.

Il primo si pone l’obiettivo di “fare rumore” per sensibilizzare con il rischio di ottenere l’effetto opposto e purtroppo finendo spesso per offendere gli stessi membri della comunità LGBTQ+.

Il secondo si concentra sul silenzio e sull’agire nel concreto nella vita di tutti i giorni educando, modificando le leggi e comportandosi in modo veramente rispettoso verso il prossimo perché l’inclusività consiste nell’accettare l’altro in qualsiasi circostanza senza evidenziare le differenze che possono poi portare a un mondo dove l’occhio cade su queste ultime e non sull’intrinseca ricchezza dell’individuo.

Giovanni Domenicucci
Giovanni Domenicuccihttps://www.sistemacritico.it/
Non sopporto la montagna, non credo nei principi scout, non parlo mai di politica, non mi piace dibattere su questioni giuridiche e dico bugie. Studio giurisprudenza nella città che ritengo, a mani basse, stupenda: Trento.

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