venerdì, 04 Ottobre 2024

Don’t look up: tra crisi climatica ed eco-ansia

Le questioni ambientali solo recentemente stanno ottenendo la giusta attenzione grazie all’attivismo e alle numerose iniziative della società civile, nonché agli effetti visibili del global warming. Spesso i loro protagonisti sono i giovani, lasciati soli di fronte al lassismo delle generazioni più anziane e alla scarsa ricettività della politica su questo tema. Il risultato, osservato in uno studio psicologico pubblicato a settembre 2021 dalla rivista medica The Lancet, è la crescita di un nuovo fenomeno tra la popolazione: l'”ansia climatica” o “eco-ansia”.

La frustrazione che si prova vedendo l’indifferenza della società e della politica si tramuta in uno stato psicologico mai considerato prima. L’eco-ansia coinvolge sempre più persone, soprattutto i giovani, che sembrano essere gli unici veramente preoccupati per il futuro del pianeta. Un futuro che essi dovranno vivere direttamente sulla propria pelle.

Ansia climatica. Come interpretarla?

Nello studio di The Lancet pubblicato in preprint, un team di psicologi ha intervistato 10.000 ragazzi e ragazze tra i 16 e i 25 anni in 10 paesi, sia in via di sviluppo sia sviluppati, chiedendo le loro opinioni riguardo al cambiamento climatico. Il quadro che ne è risultato è sconfortante: il 59% dei rispondenti si è dichiarato “estremamente preoccupato” e più del 50% si è definito “triste, ansioso, arrabbiato, impotente e colpevole”.

La maggioranza degli intervistati si sente “tradita” dalla classe politica, delusa a causa dell’inadeguatezza dei propri governi nell’affrontare la crisi climatica. I dati raccolti indicano che tra i giovani più insoddisfatti l’ansia climatica è significativamente più diffusa. Questi arrivano ad avere riprecussioni sulla loro qualità di vita, con influenze sulla capacità di studiare, giocare e mangiare. Inoltre, opinione diffusa tra i giovani intervistati è che ormai siamo spacciati. Qualsiasi sforzo per migliorare la situazione non sarà mai abbastanza.

Lo studio è unico nel suo genere. Infatti, gli effetti psicologici del cambiamento climatico non erano mai stati studiati a fondo. E nemmeno si era mai giunti a proporre una definizione a sé stante di un malessere psicologico di questo tipo, eppure diffusissimo. Inoltre, lo studio indica che oltre ai disastri naturali a cui assistiamo negli ultimi anni, la vera causa dell’eco-ansia è lo scarso impegno nel fermare la corsa verso il baratro. Un atteggiamento imperdonabile da parte delle istituzioni, che sembra non prenderanno mai sul serio il problema.

Don’t look up: l’eco-ansia fatta film

Viene detto spesso. Quando parliamo di cambiamento climatico, un grosso problema è il fatto che si tratti di un fenomeno dalle manifestazioni difficilmente osservabili e riconoscibili. “Se non vedo non credo” è il tipico atteggiamento di chi nega l’esistenza di un’emergenza climatica, anche davanti ai dati che la confermano. Intanto, la politica spesso sottostima l’impellenza del problema relegandolo a uno spazio “extra” dei programmi elettorali, o peggio, talvolta ammicca alle posizioni più scettiche.

In “Don’t Look Up” (2021), ultimo film del regista Adam McKay manifesto della generazione dell’eco-ansia, è proprio questo il punto messo in risalto. Tra esasperazione e toni satirici, il film è la storia di due astronomi (Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence) che scoprono una cometa in rotta di collisione con la Terra, palese metafora dell’emergenza climatica. I due restano inascoltati fino all’ultimo tra i “negazionisti” della cometa e chi ridimensiona la minaccia, persino quando il corpo celeste è perfettamente visibile a occhio nudo. La presidente statunitense (Meryl Streep) è indifferente alla catastrofe imminente, finché non fiuta la possibilità di poterci guadagnare in termini elettorali. Nonostante ciò, resta comunque asservita al volere di un miliardario (Mark Rylance), “superstar” della tecnica, che assoggetta totalmente ai suoi dettami le azioni del governo.

Con un cast stellare che comprende anche star della musica come Ariana Grande e Kid Cudi, “Don’t Look Up” è una grande allegoria di quanto avviene oggi quando si parla di clima. Nel film c’è tutto. Le difficoltà di comunicazione tra il mondo scientifico e il pubblico. Le accuse di falso allarmismo e di voler impaurire la povera gente. L’idea che ci sia ancora un dibattito all’interno della comunità scientifica. Oppure, la percezione dell’ambientalismo come questione meramente politica tra due posizioni polarizzate. Non da ultimo, i calcoli di convenienza della politica, cinica e completamente dipendente dal potere economico delle grandi corporations.

Come rimediare?

Il ritratto perfetto del torpore di chi per vari motivi non vuole agire è data da un’allegra citazione dello scrittore umorista Jack Handey mostrata in sovraimpressione: “voglio morire serenamente nel sonno come mio nonno, non urlando di paura come i suoi passeggeri”.

Ciò che provano i protagonisti è terribile, analogo agli effetti dell’eco-ansia sulla salute mentale di tantissimi giovani. L’atteggiamento di chi dovrebbe agire concretamente contro la minaccia è snervante e al limite del grottesco, tra false partenze e dietrofront dettati da interessi economici. E giorno dopo giorno la catastrofe si avvicina sempre di più, mentre questa viene proposta dalla classe politica addirittura come un’opportunità.

Secondo gli psicologi, una soluzione contro l’ansia climatica, più facile a dirsi, oltre all’incoraggiamento ad assumere stili di vita sostenibili, sarebbe semplicemente quella di aumentare la pressione sui governi. La salute mentale deve essere considerata come un diritto fondamentale, dunque l’impegno per il clima deve essere rispettato anche in quest’ottica.

Massimiliano Marra
Massimiliano Marrahttps://www.sistemacritico.it/
Di radici italo-cilene ma luganese di nascita, attualmente studio economia e politiche internazionali all’Università della Svizzera Italiana e mi interesso di storia e relazioni internazionali con un occhio di riguardo ai contesti extraeuropei. Nel tempo libero suono il basso elettrico e vado in burn out di musica.

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