giovedì, 28 Settembre 2023

Mary Shelley e Frankenstein: il moderno Prometeo

Mary Shelley scrive “Frankenstein” nel 1817, durante un soggiorno nei pressi di Ginevra, in Svizzera. L’opera ottiene il successo vero grazie alle rappresentazioni teatrali e Mary Shelley rivendica il proprio nome, dichiarandosi autrice. L’idea nasce a Villa Diodati, nel 1816, in seguito alla ghost story competition proposta da Byron. Mary racconta come non riuscisse a trovare una storia, fintanto che un incubo partorisce il terrore.

Come ha terrorizzato me terrorizzerà anche gli altri: Mary intrappola l’incubo, dando forma a “Frankenstein”, il moderno Prometeo.

<<L’ho trovata! Come ha terrorizzato me terrorizzerà anche gli altri! Non ho che da descrivere lo spettro che si è posato sul mio cuscino a mezzanotte>>. La mattina seguente annunciai di aver trovato una storia. Cominciai lo stesso giorno con le parole: Fu in una notte tetra di novembre, e mi limitai a trascrivere il nero terrore del mio incubo da sveglia.

Mary Shelley, “Frankenstein”, introduzione dell’autrice

Victor Frankenstein: lo scienziato che sfida la morte

Walton è alla ricerca del mondo, scrive all’amata sorella e attraverso le sue lettere si delinea il viaggio. Per mare salva un naufrago: Victor Frankenstein. Frankenstein è singolare, i suoi occhi hanno un’espressione folle, ma i modi sono gentili. Walton e Frankenstein, entrambi amanti della scienza, si avvicinano l’uno all’altro. Nella voracità per il sapere di Walton, però, Frankenstein s’incupisce: vede in lui una vittima come sé stesso.

In un’ammonizione, Frankenstein dà voce alla sua caduta, raccontando la sua storia. È stato lo scienziato che ha sfidato la morte: dando vita a una creatura si è reso Dio. E il mostro, composto dalle parti più belle, è quanto di più aberrante esista. Il suo sguardo giallo e inumano perseguita il creatore, che rifugge dal peccato di hybris. Lo scienziato da grande overreacher sprofonda come Icaro, impossibilitato a espiare ciò che ha commesso. Frankenstein, interiorizzando il suo essere colpevole soffre dentro e con sé stesso, come un byronic hero.

<<Infelice! La mia pazzia è anche vostra? Anche voi avete bevuto la pozione tossica? Ascoltate, lasciate che vi narri la mia storia e allontanerete subito la coppa dalle labbra!>>

Mary Shelley, “Frankenstein”

Il mostro: innocente o colpevole?

Ti ho chiesto io, creatore, dal fango

Di farmi uomo? Ti ho chiesto io

Di trarmi dal buio?

Milton, Il Paradiso Perduto, X, vv. 743-45

La creatura conserva il diario del Dio che è fuggito alla sua presa di coscienza. Cerca di capire: è dotato di comprensione e sensibilità. È stato abbandonato, quanto è colpevole? Non conosce il mondo, non sa della sua condizione. La creatura è il lucifero di John Milton, ma un lucifero esente da peccati, a cui Frankenstein non concede mai il paradiso.

Dunque, Victor Frankenstein è pater e Dio di un mostro che vuole vendicarsi. Ma la creatura, nella sua rabbia, è quasi giustificata per ciò che ha vissuto. Richiede una compagna e ricerca amore in una solitudine predestinata.

Quanto è colpevole?

“Maledetto creatore! Perchè hai dato forma a un mostro così detestabile che persino ‘tu’ ne hai distolto lo sguardo disgustato?”

Mary Shelley, “Frankenstein”

La pluralità tematica di Frankenstein

Secondo Locke, la mente di un bambino è una tabula rasa e le idee si sviluppano dall’esperienza, che può essere interna o esterna al soggetto. In questa prospettiva l’innatismo è rinnegato e l’uomo è studiato in relazione a ciò che ha vissuto.

Attraverso “Frankenstein” l’autrice ritrae con maestria temi molteplici, in una narrazione soprannaturale, ma che parla dell’uomo all’uomo. Nell’opera si delinea l’esperienza umana, il peccato di hybris di Prometeo, il byronic hero colpevole, lo stato artificiale e di solitudine di Rousseau.

Tutto si coniuga nel doppio: Frankenstein e la sua creatura. L’uomo, fino a che punto può spingersi? Victor, anche lui, fino a che punto è colpevole?

Ecocriticismo: il compito della letteratura

L’ecocriticismo studia il ruolo della letteratura nei riguardi dell’educazione all’ambiente. Interconnette letteratura e natura e a coniarne il termine è Rueckert nel 1978. I romantici, tra cui Mary Shelley, iniziano già a percepire l’imposizione dell’uomo sulla natura: John Bate pone le basi per questa corrente, chiedendosi che ruolo avesse la poesia. Il compito della letteratura, dichiara Bate, è lavorare sulla consapevolezza umana. Le interazioni tra uomo e ambiente sono indagate anche da Coleridge, il suo acient mariner è colui che fa male alla natura e ne paga il riscatto.

Ma Il suo uomo è anche un uomo che nel limbo cerca di trasmettere la consapevolezza acquisita ad altri: come Frankenstein racconta la sua storia, in modo che non si ripeta. La parola è salvezza, l’ascolto la chiave.

Frankenstein e la contemporaneità dell’overreacher

Frankenstein è lo scienziato che modella la natura, il Prometeo che va oltre e l’affamato di conoscenza. Waldman è il professore che l’ accompagna nello studio della scienza, lasciando che lo stato artificiale diventi totalizzante. Frankenstein supera ciò che è concepito come umano e la sua divinizzazione muta in colpa. Nella sua sofferenza raffigura un quesito atemporale.

Qual è il limite?

Frankenstein promotes the belief that the moment we foreswear an ecological reading of mother earth, the moment we construe nature as Frankenstein does, as the dead mother or as inert matter, at that moment we set in motion an ideology grounded on patriarchal values of individualism, competition, aggression, egoism, sexism, and racism.

Anne K.Mellor

Francesca Garavalli
Francesca Garavallihttps://www.sistemacritico.it/
Laureata al corso di laurea "culture letterarie europee", a Bologna, dove si studia letteratura con un pizzico di français. Mai interrompermi durante una lettura, il resto della giornata, però, so anche essere gentile.

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