sabato, 14 Dicembre 2024

La Russia e la strategia della disinformazione

A maggio alcuni influencer francesi hanno segnalato di aver ricevuto offerte provenienti dalla Russia per diffondere disinformazione sul tema dei vaccini contro l’attuale coronavirus in cambio di denaro. È il caso dello youtuber francese Léo Grasset del canale di divulgazione scientifica DirtyBiology, contattato da un’agenzia di comunicazione con sede a Londra di nome “Fazze“. L’agenzia gli ha proposto di condividere dati inattendibili che mettessero in cattiva luce il vaccino Pfizer-BioNTech. Tutto ciò per conto di un cliente che a detta dell’agenzia avrebbe preferito “restare in incognito”.

Nel suo video “Come un’agenzia russa ha provato a usarmi” Grasset spiega che avrebbe dovuto diffondere tre informazioni chiave: il tasso di mortalità di Pfizer è 3 volte superiore rispetto a quello di AstraZeneca; gli esperti di AstraZeneca hanno inviato dei rapporti confermanti questo fatto alle autorità sanitarie e ai media, ma questi non li hanno mai pubblicati; infine, l’Unione Europea ha acquistato i vaccini Pfizer in grandi quantità nonostante i dati degli esperti.

L’agenzia ha chiesto allo youtuber di spargere deliberatamente una fake news in modo convincente, presentandola come se fosse la sua visione indipendente e disinteressata. In seguito, con l’aiuto di alcuni giornalisti, Grasset ha cercato informazioni riguardanti “Fazze”, scoprendo che nel Regno Unito non risulta registrata e che presso l’indirizzo di Londra si trova un centro di depilazione laser. Inoltre, consultando i profili LinkedIn legati all’agenzia ha notato che tutti avevano legami con la Russia. Dopo che Grasset ha reso pubblico l’accaduto su Twitter, altri influencer francesi hanno affermato di avere ricevuto offerte simili. Nel frattempo, i profili LinkedIn sono stati eliminati e l’indirizzo della sede dell’agenzia è stato rimosso.

Disinformazione made in Russia

Il caso di Léo Grasset è il sentore di un fenomeno ben più grande che ha allertato i governi di diversi paesi. Recentemente Biden ha accusato la Russia e la Cina di condurre una campagna di disinformazione sui social media che sta alimentando la sfiducia dei cittadini nei vaccini contro la Covid-19.

La propagazione di notizie false promossa da altri paesi ha fatto discutere molto negli USA, reduci delle interferenze russe nella campagna presidenziale del 2016. Quella delle fake news russe si tratta di una strategia che ha iniziato a prendere piede da circa un decennio, influenzando l’opinione pubblica delle maggiori democrazie occidentali su questioni come la crisi in Crimea, la guerra del Dombass e il caso dell’avvelenamento dell’ex-spia russa Sergej Skripal. Oltre a ciò, alcuni account “troll” legati al Cremlino si dedicavano a spargere bufale su Twitter sulla pericolosità dei vaccini anche prima dell’avvento della Covid-19. Infatti, il tema è diventato subito un classico della disinformazione da Mosca.

Con la pandemia in corso, le campagne antivacciniste originatesi in Russia hanno raggiunto il loro apice. Già nelle fasi iniziali della pandemia la task force dell’UE per la lotta alle fake news, EUvsDisinfo, aveva lanciato l’allarme. Ad aprile 2020 avevano iniziato a circolare teorie che vedevano come protagonista Bill Gates. Secondo tali teorie del complotto, il miliardario avrebbe messo in atto un piano segreto per controllare la popolazione mondiale attraverso dei dispositivi nascosti nei vaccini. Queste teorie hanno poi trovato terreno fertile negli ambienti simpatizzanti di Mosca che hanno fatto da cassa di risonanza.

Secondo un funzionario del Global Engagement Center (GEC), organismo governativo americano che si dedica al monitoraggio di propaganda e disinformazione dall’estero, ha affermato di aver trovato la fonte di molte fake news russe principalmente in quattro siti web, oltre che ad alcuni account sui principali social, tutti legati alle agenzie di intelligence di Mosca.

La propaganda per il vaccino Sputnik V

Questi account hanno cercato di veicolare il messaggio che i vaccini occidentali abbiano avuto un periodo di sviluppo troppo breve, implicandone la scarsa sicurezza e tentando di promuovere in Occidente il vaccino russo Sputnik V. Oggi tale percezione è diffusissima tra gli scettici anche grazie all’opera di questi siti. Va da sé, poco importa che tra i vaccini contro il Covid-19, proprio Sputnik V sia stato quello sviluppato in tempi più rapidi.

Tutt’ora il vaccino prodotto dal centro di ricerca russo Gamaleja deve trovare l’approvazione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) nonché dell’OMS. Quest’ultima, in passato, ha espresso preoccupazione per il controllo qualità e i risultati dei test in uno degli stabilimenti in cui si produceva il vaccino.

Nonostante i dubbi espressi dagli organi competenti e il processo di approvazione in Occidente ancora lungo (se non prossimo al fallimento), il vaccino Sputnik V ad oggi viene utilizzato in una settantina di paesi oltre alla Russia. Esso è utilizzato perlopiù in America Latina, Africa, ex-repubbliche sovietiche, oltre che in Serbia, Bielorussia e San Marino, mentre all’interno dell’UE lo hanno approvato Ungheria e Slovacchia. Secondo gli studi più recenti sembra essere molto efficace, tuttavia persistono le critiche riguardanti alcuni dati mancanti e altre incongruenze negli stessi.

In generale, gli esperti lamentano una mancanza di trasparenza e alcuni episodi sembrano confermare questo problema. Lo scorso aprile le autorità sanitarie della Slovacchia avevano dichiarato di aver ricevuto dosi di Sputnik V diverse da quelle esaminate dall’EMA. Per giunta, i dati erano incompleti all’80% e diversi rispetto a quelli pubblicati nello studio della rivista medica The Lancet. La questione aveva fatto piombare il paese nel mezzo di una crisi politica e in cambio Mosca faceva pressioni per la restituzione dei lotti di vaccini, da destinare ad altri paesi. La controversia tra Bratislava e Mosca ha contribuito ad affossare ulteriormente la reputazione dello Sputnik V.

Le fake news contro i vaccini si propagano anche in Russia

Gli aspetti poco chiari sono ancora molti, ma la campagna social a favore dello Sputnik V è imponente. Come nota Micol Flammini su Il Foglio, il vaccino dispone di un account su Twitter, Instagram e YouTube che cerca di coinvolgere il pubblico e ottenere così una maggiore diffusione, ma anche una maggiore politicizzazione. Infatti, Sputnik V è arrivato ad essere uno strumento propagandistico della grandezza di Mosca. Non a caso, sono soprattutto le destre sovraniste europee a sostenere attivamente la sua approvazione.

Accanto alla promozione del proprio vaccino, come appena visto, la Russia ha fatto affidamento anche sulle fake news volte a screditare i vaccini occidentali. Tuttavia, per ironia della sorte, proprio in Russia lo scetticismo nei confronti dei vaccini ha iniziato a diffondersi largamente rischiando di pregiudicare il raggiungimento dell’immunità di gregge.

Complici la rapida diffusione della variante Delta e l’allentamento delle restrizioni, nel mese di luglio è stato registrato un aumento vertiginoso dei casi, circa 23.500 contagi e più di 700 morti al giorno. Tuttavia, il fattore decisivo è stato l’andamento a rilento delle vaccinazioni. Infatti, secondo i dati del 25 luglio solo il 15% della popolazione è completamente vaccinata, mentre l’8% ha ricevuto una dose. Un risultato fin troppo lontano rispetto al 60% di popolazione vaccinata che il governo si era prefissato per settembre.

Secondo i sondaggi, oltre la metà dei russi non è disposta a vaccinarsi. Nonostante gli appelli del presidente Putin, la cui popolarità a questo giro non sembra sortire effetti, l’antivaccinismo di milioni di russi è inamovibile. Intanto, nelle città della Federazione si moltiplicano i certificati vaccinali falsi venduti clandestinamente. Molti sono disposti a spendere fino a 200 USD nel mercato nero per ottenere il pass in formato QR-code per accedere a bar e ristoranti.

Minare dall’interno la fiducia nelle istituzioni

Qui gladio ferit gladio perit. Si potrebbero riassumere così le vicende legate alle fake news sui vaccini foraggiate da Mosca e in seguito diffusesi nella stessa società russa. La manipolazione delle informazioni può essere un’arma allettante. Tuttavia, se si sottovalutano le proprietà di internet, essa finirà per ritorcersi contro lo stesso governo che ne ha fatto ricorso contro i suoi rivali.

Ma perché ricorrere alle fake news come strumento di politica estera? La ragione sta nella psicologia. La disinformazione che fomenta la sfiducia verso la scienza e la medicina innesca una mentalità alla cui base vi è il sospetto. Un modo di concepire la realtà che crede che il mondo accademico e la scienza “ufficiale” siano sempre corrotti, fatalmente in balia dei poteri forti. E da ultimo, questa mentalità si estende anche alla percezione della politica e delle istituzioni nazionali e internazionali, tutti accomunati sotto la stessa categoria. Perciò, puntare sulla disinformazione su internet può essere uno strumento utile per destabilizzare la base di legittimità dei governi.

Ma il fenomeno dell’attuale sentimento “anti-establishment”, se così si può definire, è più problematico del solito per un motivo in particolare: in questo momento storico esso rischia di compromettere l’uscita definitiva da un’emergenza sanitaria globale, prolungando l’agonia dell’economia mondiale e provocando ulteriori malati e decessi.

Da ultimo, visti i legami tra certa informazione “alternativa” e la propaganda di governi stranieri portati alla luce dalle vicende degli influencer francesi, i fautori delle teorie del complotto, pratici nel costruire dietrologie, per coerenza dovrebbero aggiornare le proprie posizioni. Forse è ora che essi stessi inizino a vedersi più come pedine inconsapevoli al servizio della strategia politica di altri poteri forti e meno come paladini della giustizia e disinteressati ricercatori della verità.

Leggi anche: Più rischi di cyber attacchi ma «America is back» sulla cyber sicurezza

Massimiliano Marra
Massimiliano Marrahttps://www.sistemacritico.it/
Di radici italo-cilene ma luganese di nascita, attualmente studio economia e politiche internazionali all’Università della Svizzera Italiana e mi interesso di storia e relazioni internazionali con un occhio di riguardo ai contesti extraeuropei. Nel tempo libero suono il basso elettrico e vado in burn out di musica.

Latest articles

Consent Management Platform by Real Cookie Banner